Esclusiva ID Daino, pt.1: “Un tempo il livello era più alto. Conte è bravo…”
In esclusiva, ai microfoni de La Voce Nerazzurra, Daniele Daino ha espresso il suo parere su diverse tematiche insieme ai nostri giornalisti.
Un venerdì sera importante per quanto ha riguardato i canali de La Voce Nerazzurra. Infatti è intervenuto l'ex calciatore del Bologna, nonché del Milan, ed attuale tecnico e dirigente Daniele Daino. Quest'ultimo, intervistato dai nostri giornalisti Davide Currenti e Luca Leoni, ha toccato diversi punti: dalla sua carriera fino all'attuale impegno con i giovani con un occhio critico sulle tematiche riguardanti il calcio moderno.
Si è partiti subito con un confronto tra il calcio moderno e quello del passato: “Guarda, sto ultimando il corso a Coverciano e facciamo molto dibattito sul calcio che è stato, ovvero tornando indietro di 15 – 20 anni rimanendo verso gli anni Novanta. Arriviamo fino a primi anni del Duemila (2008-2010). Sicuramente era un calcio molto più ricco di talenti ed individualità. Queste le trovavi sia nelle grandi squadre, che soprattutto in quelle più piccole. Quindi forse una delle differenze che saltano più all’occhio è che anche le provinciali avevano dei calciatori – almeno uno o due – di livello veramente alto. Questo è un aspetto che ora sta venendo a mancare“.
Un'altra mancanza segnalata da Daino è quella della cura delle fase difensiva: “Come anche il discorso della fase difensiva. Io a quest’ultima ci tengo moltissimo – ho un mio credo – e ci sto lavorando molto. Noi italiani ce lo avevamo molto nel DNA, ora invece vedo che quasi tutti gli allenatori italiani stanno prendendo una strada simile. Verso un calcio propositivo fatto da tanti tocchi e possesso palla. Si va a curare meno il discorso di “fase” quando la palla ce l’hanno gli altri. Ecco su questo punto a mio parere sono rimasti pochi allenatori che ci lavorano con forza e riescono quindi a trasferire questi concetti ai propri giocatori“. Ed aggiunge: “Tra questi, uno che ancora cura questa componente – e dico per fortuna – è proprio Antonio Conte. Un altro era Allegri, che ora non sta allenando, che curava il fatto di prima fare un’ottima fase difensiva quando poi recupero palla scateno tutto quello che posso in base alle caratteristiche dei giocatori“.
A volte però un calcio del genere porta con sè diverse critiche dall'esterno: “Poi sì magari sono quelli più criticati perché giocano peggio, ma su questa considerazione mi metto a sorridere. Nel calcio quello che conta sono i risultati, non nella singola partita, ma quelli a lungo termine. Ogni squadra alla fine – al di là della grandezza del club – ha dei propri obiettivi da raggiungere. E se raggiungi gli obiettivi – che sia la salvezza o dal quarto posto in su – in un modo tale che tu possa mantenere salde quelle capacità di intendere e comunicare calcio c’è poco da criticare. D’altronde, come ben ricordate, con queste caratteristiche abbiamo vinto l’ultimo Mondiale. Se pensiamo la Francia che abbiamo incontrato in finale era singolarmente molto più attrezzata di noi e faceva la partita. L’Italia si difendeva grazie a dei difensori straordinari , che un po’ mancano al nostro calcio, e non solo. Anche i centrocampisti avevano un ruolo fondamentale sapendo contenere e poi – una volta recuperata palla – ripartire. Questo non è un calcio antico, è un calcio intelligente“.
La sue idea di calcio è ben chiara e precisa: “Io ora sono un tecnico e non mi va di criticare chi segue magari la scia di Guardiola, Bielsa o del gioco dell’Ajax. Io metto sul piatto i risultati. Quindi se i risultati arrivano con il bel gioco, il possesso palla, la costruzione da dietro, ben venga anche se ho qualche dubbio che tutto ciò possa avvenire nell’immediato. Perchè? Perchè poi ci sono gli avversari e soprattutto in Italia siamo bravi a fare una cosa: studiare l’avversario. Faccio l’esempio, per dire, del Sassuolo che ha fatto un girone di andata straordinario. Io conosco molto bene De Zerbi dai tempi del Milan, lui è un po’ un fautore del bel gioco solo che ora – nel girone di ritorno – anche le provinciali hanno capito dove loro sono forti e soprattutto dove hanno i punti deboli. E solitamente quando blocchi loro le vie di gioco, vanno in grosse difficoltà. Poi se ne esci vuol dire che sei un allenatore intelligente“. Entra poi nello specifico di mister Conte: “Parlando dell’allenatore e non dell’uomo, che può stare più o meno simpatico, è ancora oggi il migliore che sa adoperare e sfruttare in maniera organizzata la nostra forza. La difesa. Lo fa anche nell’Inter in maniera intelligente, poi certo se si parla di Inter bisogna guardare la doppia medaglia. Si pensi al lato europeo che un pochettino incide sulla sua gestione”.
Comunque nella gestione di una stagione ad alti livelli risulta molto importante anche l'aspetto psicologico: “La comunicazione ed il fatto psicologico, quindi la capacità di interagire con la squadra (sia a livello individuale che collettivo), penso sia una della caratteristiche principali che un allenatore debba avere. Conte – a mio avviso ha queste caratteristiche – fa della psicologia sui propri giocatori sia nei momenti di difficoltà sia in quelli dove fa bene, tiene molto sul pezzo. Batte il ferro in maniera intensa, ma c’è il rischio che dopo 2-3 anni non sia più così efficace. Infatti nella sua storia ogni 3, massimo 4 anni, cambia sfida“.
Rimanendo sul tema allenatori e mentalità, Daino ha poi espresso il proprio parere sul momento di Andrea Pirlo alla Juventus: “Secondo me Andrea ha un’idea di calcio molto forte e precisa, ma non era ancora pronto per sedersi su una panchina come quella bianconera. La colpa, in questo caso, non è sua, bensì della Juventus. Con questo non significa che l'abbia bruciato, ma non puoi mettere una scommessa alla guida di una squadra “malata” anche se l’idea è quella di un proporre un calcio propositivo. Se Sarri ha avuto problemi con quella Juve, non vai a mettere Pirlo. Anzi serviva un timoniere molto esperto per gestire momenti di crisi e difficoltà. Quindi non mi sento di dare delle responsabilità a lui, piuttosto ce le ha la società con questa scelta. La società deve sostenere, lanciare messaggi a favore. Questo silenzio che c'è attorno ad Andrea significa riflessione, e non incoraggia anzi fa l'effetto opposto“.