Inter, Conte niente calcio champagne? Critiche fuori tempo massimo
Dicono che Herrera e Mourinho stiano sorridendo soddisfatti nel vedere l’Inter dell’ultimo mese, diciamo dalla partita con l’Atalanta in poi. Vedono che Conte ha fatto tesoro dei loro insegnamenti, li ha riadattati e i risultati sono palpabili. Il tutti indietro e contropiede nobilitato dal Mago, poi attualizzato dallo Special One paga sempre, la tradizione nerazzurra dice questo, fatte ovviamente le debite proporzioni visto che i due totem hanno vinto tutto in tutto il mondo mentre il mister di oggi (per ora) mette ko Bologna e Genoa, Torino e Parma. In tempi di Covid, di calendari ultracompressi, di mancanza di preparazione precampionato il convento passa questo, qualcosa di più evoluto di un semplice gioco di rimessa (il gol di Lukaku al Sassuolo lo dimostra), facciamocelo bastare visto che 10 partite di seguito l’Inter non le vinceva dalla notte dei tempi.
Non c’è spazio per il calcio champagne, la stessa Champions lo sta dimostrando, chi cerca di imporre il dominio della tecnica soffre maledettamente, per informazioni chiedere al City di Pep Guardiola, mentre il PSG va a vincere a casa del Bayern grazie ad un paio di contropiedi sontuosi chiusi da Mbappè.
L’Inter possiede forse il bignami delle qualità tecniche espresse da questi top club, ha giocato ottime partite con Lazio, Juventus e Milan quando le forze e l’adrenalina degli stimoli soccorrevano le idee. Ma quando turni infrasettimanali a ripetizione e nazionali mandano in riserva il serbatoio delle energie non c’è più tempo per gli estetismi, occorre fare di necessità virtù e portare a casa la pagnotta. Due mesi fa il Milan di Pioli sembrava un novello Ajax, la Juve del Maestro Pirlo si apprestava a nuove cavalcate vittoriose in Italia e in Europa, oggi si accapigliano per un posto nella prossima Champions con Atalanta, Lazio e Napoli.
Si chiama realismo, non cinismo, ovvero capire che le risorse a disposizione vanno schierate e gestite in un certo modo per non cadere ancora nei baratri del passato. Conte ha metabolizzato gli errori (della squadra e suoi) che hanno caratterizzato la prima parte della stagione e sono costati l’esclusione da un girone di Champions più che abbordabile. Ha trasformato le velleità di tiki taka, di pressing altissimo e dominio nella metà campo avversaria in un umile ma quanto mai proficuo “provincialismo di lusso” che ha fatto rompere gli ormeggi e scavare un solco profondo con la concorrenza. Sbaglia chi critica Conte oggi, non sbagliava chi lo criticava 5 mesi fa invocando un piano B che il mister ha dimostrato di avere, checchè ne pensasse Fabio Capello.
L’Inter viaggia verso uno scudetto che oggi è a portata di mano grazie a questa flessibilità, con cui il tecnico ha messo da parte il suo credo granitico e polemico per avviarsi sull’unica strada utile per inseguire il bersaglio grosso. E questo mentre si abbattevano sulla squadra gli tsunami del Covid e della vicenda societaria, schiaffi che avrebbero tramortito chiunque, gestiti invece senza che la squadra ne risentisse più di tanto. Anche di questo occorre dare merito allo staff tecnico.
Quando arriverà il titolo sarà festa grande, anche per chi stima Conte senza amarlo, anche per chi ha sempre pensato e continuerà a pensare che non dovesse sedere sulla panca nerazzurra perché la coerenza non conosce il giochino idiota del carro su cui scendere o salire. E sarà festa grande per chi lo ha criticato a spada tratta in avvio di stagione perché a noi “maicuntent” piace pensare che una piccola parte del merito del cambio in corsa sia anche nostro.
Verrebbe da dire che il giorno dopo la festa (magari anche quello prima) bisognerà pensare a costruire il futuro con la stessa malleabilità, soprattutto in Europa con una Champions da affrontare finalmente dalla prima fascia e … stop, fermiamoci qui, ora c’è da finire di cucire quella roba sulla maglia prima, poi sarà il momento di stappare quelle bottiglie tenute in cantina troppo a lungo.
Ogni cosa a suo tempo, ora godiamoci questo tempo.