Premessa doverosa: ci vorrà tempo per capire se davvero con la Superlega siamo in presenza di una rivoluzione copernicana o se alla fine lo scontro tra scissionisti e Uefa troverà una composizione. Per ora parlano solo i soldi che ballano e le sensazioni personali.
Tutto gira intorno alle cifre enormi che ballano, medicina miracolosa per bilanci già disastrati da anni di gestioni insensate dei club e collassati con la pandemia, quelli italiani in primo luogo ma anche in Spagna non scherzano, mentre in Premier anche Chelsea e Tottenham dopo anni di vacche grasse contano le perdite. E mentre le cicale spendevano a mani basse chi doveva controllare si girava dall’altra parte, specie se l’occhio doveva cadere sui club dei grandi potentati. E’ stato facile per l’Uefa colpire duro l’Inter di Thohir, società senza ricchezze e senza potere politico, o la Roma, o squadrette cipriote, rumene o lettoni ma quando si è trovata davanti agli avvocati degli sceicchi di City e Psg sono arrossiti, “abbiamo scherzato” hanno detto, una multa da elemosina e bomba liberi tutti. Per questo sbaglia chi considera la Superlega un attentato alla democraticità del calcio, il “colpo di stato”, subdolo ma concreto risale ad anni fa, la democrazia pallonara era già morta e sepolta.
La moralità dell’operazione è una coperta che ognuno può tirare dalla sua parte, chi si inalbera in nome di valori rischia di sembrare fuori corso rispetto ai modernisti teorici del calcio business prendere o lasciare. Certo è che il Bayern tutto rappresenta fuorchè un modello del passato e non a caso Kalle Rummenigge è stato eletto in men che non si dica alla guida dell’ECA al posto di Andrea Agnelli.
Seguire il danaro è la strada più sicura per capire, come nelle investigazioni più raffinate. Il primo istituto a confermare di partecipare al finanziamento della Superlega con 3,5 miliardi di euro è stata stamani JP Morgan, nota per non essere propriamente un’istituzione di beneficenza, una delle massime interpreti di operazioni speculative che hanno lasciato tracce nefande nella storia e nella vita di milioni di persone poco più di un decennio fa. La disperazione dei club fa si che oggi qualsiasi salvagente sia buono non solo per non affogare ma addirittura per sognare un futuro radioso non appena messo piede sulla terraferma. Tutto vero, tutto bello, con un unico rischio, quello di girarsi indietro tra qualche tempo e vedere che chi ti ha salvato non mantiene le promesse, si è dileguato col malloppo. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, soprattutto quando dovesse rendersi conto che il format non è tutt’oro quel che luccica visto che un considerevole numero di partite dei due gironi da 10 squadre potrebbe rivelarsi senza alcun interesse già dopo i primi turni.
E l’Inter in tutto questo? Che Zhang fosse compagno di viaggio di Agnelli su questa strada era chiaro da tempo, fin da quando i due si incontrarono in una cena di un anno fa che doveva restare riservata e da altre occasioni pubbliche in cui i due vertici si erano trovati d’accordo sul modello di sviluppo da perseguire, sempre più legato al social intrattenimento che non allo sport. Gli effetti della pandemia sui bilanci non hanno fatto altro che rinsaldare questo legame, casomai convincendo entrambi della necessità di anticipare i tempi per non essere costretti a cedere il club o per evitare altri aumenti di capitale sanguinosi ma necessari a tappare le falle.
E i tifosi nerazzurri? Far parte del gruppo dei 12 fondatori della Superlega riempie molti di loro di orgoglio per lo strapuntino conquistato nell’elite. Molti altri, a occhio e croce la maggioranza se si guarda ai commenti e ai sondaggi sui social, non la stanno prendendo bene, riescono a guardare ancora all’Inter con gli occhi del coraggio anziché con quelli del business.
Essere in difficoltà economiche può non essere una colpa quando si è gestito con oculatezza come ha fatto fino ad oggi il gruppo Suning, scegliere una strada sbagliata per farvi fronte si, soprattutto se in nome del Dio quattrino si calpestano storia e valori. I soldi da qualche parte si trovano prima o poi, la dignità non la vendono un tanto al chilo, siamo nati fratelli del mondo non fratelli di Florentino Perez.