Inter, don’t touch my Marotta: i meriti dell’amministratore nerazzurro

Lo diceva il celebre spot, in onda agli inizi del Duemila. Oggi, quella celebre espressione, potrebbe essere rimodellata così: Don't touch my Marotta. Come lo erano gli orologi, l'a.d. nerazzurro risulta, in queste stagioni, la figura più preziosa e dal valore inestimabile della dirigenza nerazzurra. Anni e anni di gavetta – nella sua esperienza quasi quarantennale – gli hanno permesso di posizionarsi tra i dirigenti italiani più affidabili e di livello del panorama calcistico.

Il suo arrivo in nerazzurro – targato dicembre 2018 – ha portato una ventata d'esperienza non da poco riuscendo ad elevare, in queste quasi tre stagioni, il livello della dirigenza del club capitanato dal gruppo Suning. Il direttore, originario di Varese, è giunto a Milano dopo l'esperienza pluriennale nella Juventus (2010-2018) che a sua volta lo aveva “prelevato” dalla Sampdoria dove ha iniziato a far parlare di sé per le sue enormi capacità (2002-2010). Perle delle sue precedenti esperienze furono: l'arrivo di Cassano in blucerchiato nel 2007 dal Real Madrid – con conseguente qualificazione ai preliminari di Champions League raggiunti nel 2010 – e diverse operazioni di calciomercato quando ancora faceva parte della dirigenza bianconera (cessione di Pogba allo United per 105 milioni e l'acquisizione dal Napoli di Higuain per 90 milioni). 

In nerazzurro ha fatto subito valere le sue doti diplomatiche e relazionali riuscendo a concludere trattative molto complicate. Grazie al suo appeal è giunto a Milano mister Conte, con il quale aveva già lavorato in passato, e diversi giocatori hanno deciso di sposare la causa dell'Inter. Su questo aspetto la famiglia Zhang ci ha visto lungo riuscendo ad assicurarsi uno, se non il migliore, dei dirigenti più importanti a livello Nazionale e non solo. La capacità di Marotta non sta solo nella grande abilità di gestione delle trattative di calciomercato, bensì anche e soprattutto nella gestione delle questione interne.

In questi anni – tra cambi di allenatori, sfoghi e fughe di notizie – è riuscito sempre a stare vicino al gruppo squadra con la sua presenza quotidiana alla Pinetina. Non si è mai sottratto alle telecamere ed ha spiegato ogni questione – si pensi anche al pre partita di Spezia-Inter e le domande sulla Super Lega – con la sua proverbiale calma e chiarezza. Nonostante ciò, data la sua modestia, non si è mai assunto nessun merito declinandoli sempre all'intero club (staff, dirigenza, giocatori) oppure al tecnico. Sta di fatto che la sua figura, all'interno dello scacchiere dirigenziale nerazzurro, è fondamentale in quanto funge da collante tra Milano e Nanchino dove per la stragrande maggioranza del tempo si trova il Presidente Steven Zhang.

Un'incarnazione in tutto e per tutto della società. Il dirigente varesino, nonostante il mondo del calcio si stia addentrando – ogni giorno di più – in tematiche finanziarie ed economiche, vuole continuare a concentrarsi sugli aspetti maggiormente legati al campo. Un ritorno al passato, quindi. Quel passato nel quale, circa 40 anni fa, muoveva i primi passi nel mondo del calcio. Di strada ne ha fatta, constatando diversi cambiamenti negli anni, arrivando fino in nerazzurro. Una sfida non facile, che potrebbe però riservargli un ulteriore riconoscimento in questa sua florida carriera. Beppe Marotta: il boss nerazzurro.