L’Inter è e non può non essere: l’identità  nerazzurra

Spesso, nel porci un quesito, ragioniamo sull'essenza delle cose. Spesso, durante le giornate, ragioniamo su di noi, sul nostro essere. Chi siamo? Chi sono? Questa forse rappresenta la domanda più frequente. Usuale, utilizzata e rimaneggiata. Un quesito antico, dalle radici greche (per la precisione eleatiche), al quale la nuova campagna dell'Inter ha cercato di rispondere: essere = appartenere.

Il primo però che si pose domande sull'essere fu Parmenide (550-450 a.C.). Fondatore della scuola eleatica e compositore del poema Sulla natura era il sostenitore della tesi: l'essere è il non essere non è. In sintesi: esiste solamente l'essere. Sostanza unica ed omogenea che costituisce il cosmo. Un'unica entità a rappresentare un tutto. Su questa scia, s'innesta, la moderna interpretazione nerazzurra. Un I M (I am = io sono) a racchiudere, in due semplici lettere, un'infinità di rappresentazioni e significati: I M Milano, I M Inter e chi più ne ha più ne metta. Sempre con un unico imperativo: SONO.

Un concetto chiaro e diretto, basato sull'essenza o meglio sull'essere. Un essere eterno, come la gloria e la storia del club, che se non ci fosse implicherebbe il non essere ovvero una non-Inter inimmaginabile. In poche parole, il club, si configura come un eterno presente: l'Inter c'è o meglio c'è solo l'Inter. L'ontologia parmenidea – ovvero lo studio dell'essere nei suoi caratteri principali – non si fermò solo a questo semplice attributo, ma ne trovò degli altri. Portò alla luce l'unicità e l'omogeneità della sostanza che ben si rispecchia nella realtà nerazzurra. Una storia unica nel suo genere – per intenti, stile e scopi -, ma allo stesso tempo omogenea in quanto tutte le forze coinvolte (Presidenti, dirigenti, allenatori, calciatori) – sin dalla notte dei tempi – collaborano per un unico obiettivo: il prestigio dell'Inter e la gioia dei tifosi. 

E sono proprio quest'ultimi ad essere chiamati ad una scelta: seguire la via della verità o dell'opinione? La prima rappresenta forse la strada maestra, in quanto porta a conoscere il club nella sua essenza, nel suo essere vero. Si basa sulla ragione. Seguire il club o meglio identificarsi con esso prendendo parte – in prima persona – alle dinamiche del club. Un po' la linea adottata in quest'ultime stagioni: coinvolgere ed immergere sempre di più il tifoso all'interno del fantastico mondo Inter. La seconda strada invece si baserebbe invece sull'opinione. Strada tortuosa, fondata su convinzioni fallaci, che conduce alla conoscenza dell'essere apparente. Una conoscenza approssimativa: ovvero l'Inter vista con gli occhi degli altri, non vissuta.

L'Inter, come l'essere per Parmenide, si configura come una realtà necessaria. Senza di essa nulla sarebbe uguale, tutto perderebbe di luce e competitività. Il mondo calcistico diventerebbe grigio e la felicità dei tifosi svanirebbe. Da qui scaturirebbe il principio d'identità per il quale ogni cosa è sè stessa: il tifoso è tifoso, il club è il club. Su questo però i nerazzurri hanno fatto un passo avanti, sganciandosi dalla storia, volgendo lo sguardo al futuro. L'Inter è i tifosi o meglio tutti siamo l'Inter.