L’interismo di Conte e la juventinità di Mourinho
Mourinho si dice pronto a tornare in Italia su un’altra panchina: siamo pronti allo scontro finale dove i simboli si scambiano la casacca?
C’era una volta una storia fatta di eroi e condottieri, con quest’ultimi alla guida di uomini pronti a dare la vita per seguirli e difendere l’onore del proprio popolo. La narrazione “popolare” del calcio non è poi così diversa da quella dei poemi epici; ai tifosi da sempre piace immaginare la propria squadra come un gruppo di eroi pronti a dar battaglia per i colori che amano. In questo contesto, gli allenatori prendono le sembianze di moderni Leonida, il mitico condottiero spartano che con un pugno di soldati difese la sua terra dall’avanzata del gigantesco esercito persiano.
Il calcio però è un’altra cosa, e così può succedere che il Leonida ti turno deponga spada e scudo per indossare le effigi dell’odiato nemico. Il caso più eclatante, negli ultimi anni, è sicuramente quello di Antonio Conte: condottiero della rinascita bianconera che, ormai due anni fa, decise di vestirsi dei colori del cielo e della notte. Così come in guerra, anche nel calcio sono i risultati a far la fortuna dei condottieri, e il generale leccese ci mise poco ad entrare nei cuori dei suoi nuovi tifosi, che adesso lo amano per aver riscritto la storia della Milano nerazzurra.
Un altro condottiero, José Mourinho da Setubal, in una recente intervista al Times ha confessato di essere pronto a tornare in Italia, anche in una piazza storicamente rivale a quella interista, che tutt’oggi lo venera alla stregua di un dio. Al momento si tratta solo di una possibilità, il tradimento non è stato ancora consumato ma, nel caso, potremmo davvero parlare di tradimento?
Il discorso è sempre lo stesso: è giusto che l’emotività dei tifosi influenzi le scelte professionali di uomini che amano il calcio e non una bandiera in particolare? Chi scrive pensa di no, anzi. La sola ipotesi di un futuro scontro a maglie invertite di questi due uomini mi lascia in bocca un retrogusto dolciastro, fatto di sentimenti contrastanti ma allo stesso tempo piacevoli. Ci troveremmo difronte ad una sorta di spin-off del genere epico, dove i principali protagonisti di due sponde opposte si scambiano la casacca, dando vita a scenari ancora inesplorati nella narrativa di questo sport.
I tifosi se ne faranno una ragione: d’altronde la storia non verrà mai cancellata, così come i momenti felici in compagnia degli uomini che l’hanno scritta. E alla fine, l’importante per noi è che alla guida delle nostre squadre ci siano personaggi pronti a difendere fino alla morte (sportiva) i colori che amiamo, seppur per un lasso breve di tempo. Un giorno racconteremo ai nostri nipoti dell’Inter di Mourinho e della Juve di Conte, e anche dell’Inter di Conte e forse della Juve di Mourinho, e i ricordi delle gesta di queste squadre non saranno scalfiti dal cambio di casacca dei condottieri: perché, alla fine, il nostro amore va ai colori che decidiamo di sostenere; non agli uomini, che sono solo di passaggio.