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Il “pasillo” d’onore: perché vincere NON è l’unica cosa che conta

Storia della passerella: un gesto quasi sconosciuto nel nostro calcio ma che rappresenta i valori fondanti di questo sport.

“L’Inter meritava la passerella; l’ho detto ai miei ragazzi e hanno subito accolto la proposta”. Queste le parole di Sir Claudio Ranieri, un gigante del nostro calcio che ancora una volta conferma di essere un uomo di nobili virtù prima che un grande (grandissimo) allenatore. La passerella o “pasillo”, per dirlo alla spagnola (sua terra d’origine), è un gesto di una delicatezza estrema, che getta una ventata d’aria fresca e di sportività sul calcio italiano, dopo che per anni ci hanno raccontato che “vincere è l’unica cosa che conta”. Nulla di più sbagliato naturalmente; vincere è bello, ma lo è ancora di più quando i tuoi avversari riconoscono in te i meriti sportivi e la lealtà nelle lunghe battaglie stagionali.

Il pasillo, d’altronde, nasce proprio per questo. Nel lontano 1988, il Real di Butragueno arrivò alla sfida del Camp Nou contro il Barcellona da Campione di Spagna, e i blaugrana decisero di accogliere gli avversari con un lungo e sincero applauso. Nel corso degli anni la tradizione si è consolidata nella penisola Iberica, per poi approdare anche in Premier League, un campionato che da decenni ha chiuso le porte al suo passato turbolento per abbracciare i principii della sana competizione sportiva.

E in Italia? La passerella non è mai riuscita ad imporsi nel nostro calcio, che culturalmente ha sempre fatto fatica ad accettare le vittorie degli altri, a prescindere dai colori. L’unico precedente (guarda caso) è datato 23 dicembre 2007, quando l’Inter di Roberto Mancini decise di omaggiare il Milan di Carlo Ancelotti, fresco Campione del Mondo. Chi scrive ancora ricorda la faccia un po’ straniata ma felice di Paolo Maldini, il primo ad uscire dal tunnel degli spogliatoi e a trovarsi di fronte alla passerella di maglie nerazzurre, pronte ad applaudire una squadra che aveva reso grande il nome di Milano nel mondo.

Purtroppo, la tradizione italiana iniziata dall’Inter non ebbe seguito nel nostro calcio, né in occasione delle vittorie nazionali né in occasione delle vittorie internazionali dell’Inter di Mourinho e Benitez. Il gesto di Ranieri e di tutta la Sampdoria rappresenta uno strappo con il passato, e allo stesso momento sembra un messaggio per le generazioni future: vincere è bello, ma la vera vittoria è non dimenticare mai i valori che hanno reso il calcio lo sport più bello del mondo.