Juventus Inter una VARzelletta, tra Commisso e Calvarese accendiamo il primo
“Sapevamo…mica lo fanno apposta, è l’abitudine… è la regola, hanno paura a far del male alla Juventus, non gli si toglie dalla pelle agli arbitri…”. Cambiano i tempi, le condizioni e le persone ma la logica resta quella delle parole di Massimo Moratti uscendo dallo stadio di Torino il 26 aprile 1998 mentre la madre di tutte le ingiustizie era ancora lontana dal 90mo minuto.
Gli dei del calcio giocano ancora una volta con il derby d’Italia e il Presidente del Triplete piazzandogli la serata di Calvarese alla vigilia del suo compleanno. Sarebbe stato strepitoso essere sul divano vicino a lui per raccogliere le sue reazioni a caldo, domani magari ce le racconterà ma saranno edulcorate dalle ore passate e dalla sua signorilità. Gli auguri a Moratti sono d’obbligo, prima di passare alle cose meno serie.
L’arbitro di Teramo e il Var hanno costruito allo Stadium una gag lunga 90 minuti più recupero, degna delle migliori performance comiche mai andate in scena tra rigori inesistenti, gol annullati senza motivo ed espulsioni senza logica. La prova provata che chi ha disciplinato l’uso della tecnologia e chi ne ha dettato le regole d’interpretazione ha agito con l’unico intento di non privare i fischietti dell’ultima parola, fatto che avrebbe garantito l’equità dello spettacolo sportivo ma minato il potere della classe arbitrale.
Colpa di Calvarese? Certo che si, ma prima di lui colpa di chi lo ha scelto per una partita di fine stagione ma delicatissima per una delle contendenti. La sentenza più netta è quella di Matteo Marani “Per Calvarese era un debutto in Juve Inter e le decisioni più importanti non le ha viste. Fosse stato uno scontro Scudetto, non avrebbe arbitrato questa partita”
Colpa del Var? Altrettanto certo, perché agli errori grossolani di un arbitro in totale confusione avrebbe dovuto sopperire la tecnologia non solo 3 volte ma 30 se necessario. Qualcuno ha capito come è stata interpretata la regola del “chiaro ed evidente errore” in occasione del gol annullato a Lautaro, del secondo giallo a Bentacur e del rigore su Cuadrado? Certo che si, solo i media stranieri, gli stessi che oggi ridono a crepapelle e parlano di “rapina”, mentre gli addetti ai lavori italiani continuano a vivere in una realtà parallela dove il “mestiere” di Cuadrado e le ormai insopportabili pantomime di Chiellini hanno sempre la meglio sull’etica sportiva e dove Calciopoli continua ad essere considerata un’invenzione.
Giornalismo negazionista e scientifica nebulosità nell’applicazione del VAR sono gli ingredienti principali di un brodo ormai immangiabile, un campionato disastrato da debiti e Covid che scansa come la peste ciò che dovrebbe ricercare con il lanternino, quella equità che a sua volta garantisca la contendibilità, primo requisito per offrire nuova benzina alla passione della gente e per garantire diritti televisivi più importanti.
Di fronte a questa miopia è ancor più meritoria la denuncia di Rocco Commisso, patron della Viola, contro il sistema dell’informazione sportiva, parlava di Fiorentina ma nelle sue accuse si sono riconosciuti in molti. Parole urticanti per chi ha deriso lui e la sua società, contro le quali le vergini vestali della penna hanno gridato allo scandalo invece di chiedersi se avessero un fondo di verità.
Di fronte a questa miopia sarà invece ancor più colpevole il (prevedibile) silenzio del sig. Trentalange e dell’intera categoria arbitrale. Credono di essersi lavati la coscienza a tempo indeterminato con un passaggio in TV di Orsato senza capire che l’unica arma che hanno sarebbe la trasparenza. Ma anche questa uccide il potere.