Milano, 20 maggio 2021 – Giornata soleggiata, apparentemente senza nuvole. Temperatura gradevole, clima dall'aspetto estivo con quella brezza marina a scompigliare i capelli. Per molti è una giornata come tante altre: sveglia, lavoro, pranzo, nuovamente lavoro, casa, cena e finalmente letto. Sotto le coperte. Quello che però è per tutti, non lo è per una persona in particolare: Antonio Conte. Il mister nerazzurro ha un qualcosa che lo perplime, che lo rende nervoso. È stata una nottata agitata, quasi insonne. L'incontro del pomeriggio è troppo importante. Ne va del futuro di un club, di una squadra: della felicità dei tifosi.
La notizia, il giorno prima è rimbalzata in lungo ed in largo: “Domani ci sarà l'incontro decisivo: Conte–Zhang. Dopo quella riunione si saprà il futuro nerazzurro“. Un flashback. Il mister, uscendo di casa, percepisce un qualcosa di particolare, una sensazione già vissuta. La mente lo catapulta al 25 agosto di un anno fa. Villa Bellini a Somma Lombarda, tutti intorno ad un tavolo. Da una parte lui, dall'altra la dirigenza al completo. Tema? Il futuro prossimo dell'Inter: programmazione, unità d'intenti, ambizione, volontà di migliorarsi, obiettivi e strategie di sviluppo. Sembra essersi tutto cristallizzato. Le domande che il mister ha in mente sono quasi le stesse o forse, tendendo verso l'alto, puntano alle stelle. D'altronde ha un asso nella manica: il 19° Scudetto. Un titolo dopo 11 anni di digiuni e sofferenze: basta e avanza no?
Ora però non è tempo di pensare a questo, bisogna ragionare sui dubbi che lo attanagliano. Il percorso fino ad oggi è stato in crescendo. Nettamente. Una rosa maturata, consapevole dei propri mezzi che finalmente ha raggiunto un appeal europeo grazie al lavoro meticoloso suo e dello staff. Una squadra che ha saputo reagire davanti agli ostacoli che il percorso, o meglio la stagione che sta per concludersi, le ha posto davanti. Tutti uniti. Tutti dietro all'unico comandante. Tutti dietro di lui. Non è stato semplice creare quest'armonia, questa coesione – pensa dentro di sè -, ma le sfide, si sa, non lo hanno mai spaventato. Forse però, ad un certo punto, c'è stato un momento di sconforto – tenuto per sè e non fatto trapelare come in passato con veemenza -, e forse è ancora presente sotto pelle, nel profondo. Fonte di stress e di alcuni malumori. Ma la vita è anche questo e lui lo sa.
Alzando lo sguardo, giacca appoggiata sul braccio, eccolo giunto in Viale Liberazione: I M SCUDETTO ed il logo sottostante. Forse mai, durante la sua carriera d'allenatore, avrebbe pensato che un giorno sarebbe approdato a Milano ed avrebbe conquistato la vetta tricolore con i colori nerazzurri. Questo però è ciò che è avvenuto. D'altronde più volte ha ripetuto che lui è un professionista e che è il primo tifoso della squadra che allena: lo ha dimostrato. Ne è convinto, ne è certo. L'ora dell'incontro si sta avvicinando, i dubbi si fanno sempre più attanaglianti. Come Amleto – con gli occhi fissi sul teschio – eccolo fissare il logo dell'Inter. Dentro di sè un monologo riflessivo: “Essere o non essere: questo è il problema. È più nobile tollerare le difficoltà delle ultime stagioni, lottare contro tutto e tutti o lasciare, un dolce ricordo, e ricominciare una nuova avventura?“. Lasciare dunque un gruppo coeso, un mondo nerazzurro che ha imparato ad amarlo oppure proseguire – con il petto all'infuori – verso le cime europee più alte e riuscire a conquistare un qualcosa che, la passata stagione, è stato solamente sfiorato?
“Morire, dormire… Dormire. Sognare forse. Ma qui è l’intoppo: perché in questo sonno di morte, una volta liberati di questa spoglia mortale, quali incubi ci perseguiteranno? Ecco cosa ci ferma!“. Un altro pensiero. Più si avvicina all'ingresso, più le perplessità prendono il sopravvento. Solidità, programmazione, sicurezza, investimenti mirati e supporto societario: questo vorrebbe. Chiede troppo? Forse sì o forse no, dipende. Proprio questi sono gli aspetti che lo frenano, che gli instillano dei dubbi: “Chi sopporterebbe altrimenti il flagello e le offese del tempo, l’ingiuria degli oppressori, la villania dei superbi, gli spasimi dell’amore disprezzato, le lungaggini della giustizia, l’arroganza dei potenti e gli sfregi che subisce dagli indegni l’umiltà dei meritevoli, se è possibile liberarsene da sé con un solo colpo di lama?“. Basterebbe ringraziare, riferire di non poter continuare come nelle ultime due stagioni – solo in mezzo alla bufera tra voci, smentite, possibili cessioni – e salutare. Apparentemente semplice. Concretamente molto doloroso.
D'altronde il nerazzurro ha fatto breccia nel suo animo. Gli ha fatto sentire la vicinanza dei tifosi, la gioia di tornare a vincere, la soddisfazione e la gioia di regalare emozioni, lacrime di trionfo. Perché l'Inter, storicamente, ti cambia. La sua gloriosa storia, i suoi ideali, il suo stile: unici ed inimitabili. Impossibili da modificare ed alterare. Il DNA è e sarà sempre quello: “L'ho compreso“. Così, con un sorriso abbozzato, si sta preparando a varcare la soglia. I dubbi non si sono diramati del tutto, ci sarà bisogno di un confronto schietto e diretto come piace a lui. Gli occhi, a fatica, si staccano dalla parete esterna. La giacca viene indossata e sistemata. La mano si appoggia alla porta, la spinge.
Le idee rimangono contrastanti. In fondo, però, la sua decisione l'ha già presa. Varca la soglia, saluta i presenti, e si dirige all'appuntamento. Il futuro sta per essere rivelato: “Restare o lasciare? Questo è il dilemma“.