‘Antonio Conte non è più l’allenatore dell’Inter, smetto di tifare’. Sono scelte
Lettera aperta a chi antepone qualsiasi tecnico, giocatore o dirigente alla cosa più importante di tutte: l’Internazionale
“Antonio Conte non è più l'allenatore dell'Inter. Al suo posto arriverà probablimente Simone Inzaghi. Io non so se seguirò ancora la squadra: Suning smantella. Proprio ora che potevamo vincere anche in Europa”.
È mercoledì 26 maggio. A scrivermi è un amico giornalista di cronaca giudiziaria che lavora su vette molto, molto alte. Ho appoggiato l'iPhone sulla scrivania. Mi sono alzato. Ho spostato la tendina della finestra e ho visto un passero che si staccava dal liquidambar facendo cadere una foglia che era ancora verde. Poi ricordo benissimo, come se fosse ora, una sensazione strana, quasi un rumore. Come l'acqua che riprende a scorrere nelle tubature, quando riaccendi i caloriferi. Ho sentito gli occhi umidi e istintivamente ho portato una mano sotto il mento, convinto di dover raccogliere della sabbia o del calcare.
Luigi Garlando, prima firma della Gazzetta dello Sport, mi perdonerà se ho parafrasato l'inizio di uno dei suoi capolavori: 'Ora sei una stella', il romanzo sull'Inter. Però viste le decine di messaggi ricevuti in questi giorni, fra cui quello citato, ho pensato che l'Inter dovesse affrontare un tremendo lutto. Un po' come nonno Amilcare quando gli comunicano la morte di Giacinto Facchetti, il Capitano. Invece è solo sceso 'dal treno' un tecnico costato 31 milioni per vincere uno Scudetto e perdere una finale di Coppa Uefa (sì, lo so, si chiama Europa League ma a 36 anni sono già nostalgico).
Strana la vita, vero?
Da una parte ti fa rivivere, grazie proprio a questo allenatore nativo della Puglia, l'Inter dei record di Giovanni Trapattoni. E ti fa coltivare il sogno che, sì, l'anno prossimo è quello buono per una nuova campagna europea. Dall'altra, invece, ti riporta subito alla realtà: i soldi. Perché se è vero che non fanno la felicità, è anche vero che condizionano le nostre scelte. Proprio com'è successo in questo caso. Suning non può più aprire i cordoni della borsa – qualcuno ricorda che là fuori c'è ancora una pandemia che sta devastando le economie globabli? – e qualcuno saluta. Per andare dove? Pare in una squadra che fa parte di un detto. “Ci sono tre cose sicure nella vita: la morte, le tasse e…” questa squadra che non vince la Premier League.
E quindi? Oggi (giovedì 3 giugno, ndr) l'Inter ufficializza Simone Inzaghi. Si apre finalmente una nuova era. Il punto, però, non è Simone Inzaghi. Il nuovo tecnico poteva anche essere il mio amico Moreno Longo che sta cercando di portare l'Alessandria in Serie B. Avrei scritto le stesse cose.
Dunque.
Chi tifate? L'allenatore? I giocatori? Oppure il club creato dai “dissidenti che pensano a una squadra senza barriere e senza pregiudizi, aperta a tutti, dove chi è bravo gioca. Fratelli di calcio. Il talento non ha confini. Dovrà essere una vera società internazionale”. Chi tifate, allora, voi tifosi? Un tecnico pagato 31 milioni che ha salutato – come raccontano i mass media – alle prime 'difficoltà' o a quei colori simbolo della nostra vita da quando eravamo bambini? “Sulla tavolozza (quel giorno al bar dell'Orologio, ndr) erano rimasti solo il nero e l'azzurro. Quei colori diventano la maglia: azzurra come il cielo, nera come la notte”.
Chiedetevelo più e più volte nei prossimi mesi prima che inizi la nuova stagione. Perché la vita è fatta di scelte. Se eravate tifosi dell'Fc Antonio Conte, per coerenza a settembre potreste darvi – e vi sto invitando con estremo garbo – ad altri sport. Se siete sempre stati tifosi dell'Fc Internazionale, allora, saprete (meglio di me) che ci sono stati addii più dolorosi. Eppure? Eppure l'Inter è ancora qui. Sapete perché? Perché ci sono stati personaggi, molto più segnanti dell'ex tecnico, che hanno detto: “Io non ho servito cinque presidenti dell'Inter, ho cercato di servire sempre e solo l'Inter“.