Inzaghi all’Inter. Pro e contro del nuovo tecnico nerazzurro

Inzaghi è da poco ufficialmente il nuovo allenatore dell'Inter. Il comunicato della società è arrivato circa due ore e mezzo fa. L'ex tecnico della lazio è pronto a raccogliere l'eredità di Conte e dare inizio alla sua nuova avventura. In attesa di vedere il suo lavoro si possono analizzare alcuni aspetti di questa scelta, suddividendoli, come classicamente si suole fare, in pro e contro.

PRO

– FEELING. Inzaghi ha instaurato, nella sua unica esperienza da allenatore (in biancoceleste), un forte feeling con i suoi giocatori. Un rapporto speciale che ricorda molto quello che solitamente ha Conte con i suoi gruppi. La scelta di virare su questo allenatore garantisce quindi una sorta di continuità con il recente passato, scegliendo una figura che fa della forza del feeling uno degli asset principali. Una caratteristica che sembra essere destinata a proseguire anche a Milano, se si guardano le premesse. Inzaghi infatti avrebbe già contattato uno dei leader del gruppo, Lukaku, che (guarda caso) ieri ha con grande entusiasmo dichiarato di voler restare per vincere ancora.

-CONTINUITA' TECNICA. La possibilità di continuare a lavorare sulla base del 3-5 2 fornisce grandi vantaggi. In primis, ovviamente, quello di non dover rifondare la squadra attraverso il mercato per andare alla ricerca di profili totalmente assenti nella rosa. Se si fosse puntato ad esempio su un allenatore che avesse prediletto il 4-3-3 si sarebbe dovuto riniziare da zero con la ricerca di esterni di attacco. Questo non sarà necessario, e gli stessi calciatori potranno continuare a esprimersi in modulo con il quale hanno preso confidenza negli ultimi due anni. 

– 3-5-2 MA DIVERSO (E PIU' EUROPEO?). Rispetto a quanto visto rispetto alla stagione appena conclusa è lecito aspettarsi un gioco diverso. La base resta il 3-5-2, ma Inzaghi lo declina in maniera differente. Il nuovo tecnico in particolare predilige un gioco molto più offensivo. Basti vedere, statistiche alla mano, il numero di occasioni che era solita creare la sua Lazio. Diversi sono stati i match terminati con molte reti all'attivo (si è arrivati anche a 7). Se si dovesse fare un paragone tra i maestri del 3-5-2 si può dire che ci si aspetta un gioco più simile a quello dell'Atalanta di Gasperini che a quello di Conte. Un modulo applicato in maniera meno conservativa insomma, anche se Inzaghi ha dimostrato, alla bisogna, di essere capace anche di fare “catenaccio” e ripartire. Una duttilità che fa del suo modo di giocare un modello forse più “europeo”, tanto che la squadra biancoceleste quest'anno (al contrario dell'Inter) è riuscita a superare il turno di Champions, anche attraverso ottime gare (si veda l'andata con il Borussia Dortmund). Meno muro difensivo, più verticalizzazione, insomma. Immobile ringrazia (scarpa d'oro con 36 reti l'anno scorso) e Lukaku si lecca i baffi. 

– GRINTA. A chi ha seguito (anche minimamente) la Lazio quest'anno non saranno sfuggite immagini di un Inzaghi letteralmente a centrocampo per incitare i suoi. Immagini simbolo di un tecnico che si presenta in conferenza post gara sempre senza voce. Gli piace inoltre telecomandare i suoi ragazzi per esprimersi nel modo che gli insegna in allenamento. Caratteristiche che fanno di lui una sorta di “giovane Conte”, che si sbraccia e urla per 90 minuti (più recupero).

-INTUITO DI MAROTTA. La scelta di puntare su Inzaghi per il dopo Conte non è stata casuale. Il giovane allenatore è un vecchio pallino di Marotta, che lo avrebbe voluto già alla Juventus. L'amministratore delegato raramente sbaglia in queste scelte. Basti pensare allo stesso Allegri, che veniva da un esonero con il Milan e un anno di stop prima di essere chiamato dal dirigente (allora bianconero). Da li è iniziata la sua affermazione come uno dei migliori tecnici al mondo. 

-“CARBONARA SENZA UOVA”. Come si suol dire a Roma, tanto per restare in tema. Inzaghi alla corte di Lotito ha avuto tanta qualità a disposizione, ma ha anche dimostrato di saper fare molto con poco. Molti giocatori sono stati infatti valorizzati oltre qualsiasi aspettativa. Basti pensare ai vari Caicedo (pagato neanche 32 milioni e spesso decisivo) e Marusic (ai margini ma poi determinante in più ruoli). Una capacità che sarà importante in un periodo come questo, visto che, praticamente tutte le squadre, dovranno fare di necessità virtù (anche sul mercato). E con tutti questi limiti il tecnico è riuscito a portare a casa diversi trofei, guadagnandosi, in Italia, il titolo di allenatore più vincente dopo Allegri (e scusate se è poco). 

CONTRO

– COMFORT ZONE. Inzaghi non ha mai allenato (e nemmeno giocato) in un ambiente diverso da quello laziale. 22 anni nello stesso posto lo hanno reso inevitabilmente tifosissimo della squadra biancoceleste. Il dubbio è che il bene che ha fatto possa essere stato determinato dalla sicurezza che l'ambiente di casa sua gli ha inevitabilmente trasmesso. Sarà in grado di fare bene anche fuori dalla sua comfort zone? In questo senso potrebbe essere determinante il supporto della società. ma anche (e forse soprattutto) quello della tifoseria che sta per tornare allo stadio. Far sentire Inzaghi sostenuto può accendere una vera e propria e miccia, e starà agli interisti usare questa arma.

ESPERIENZA – Ovviamente un allenatore che milita in serie A da soli 5 anni non da le garanzie che si possono avere da un veterano. In diversi match Inzaghi ha mostrato di avere qualche lacuna. Qualche scelta, vista dall'esterno, sarebbe potuta essere più saggia. Emblematica in questo senso la partita decisiva con il Salisburgo in Europa League. Gara in cassaforte, ma anziché coprirsi per difendere il largo vantaggio ha messo dentro gli offensivi Lukaku (junior) e Felipe Anderson, Risultato: imbarcata che clamorosamente capovolge il risultato in appena 10 minuti. Manca insomma un pò di pelo sullo stomaco e deve l'allenatore sviluppare una più marcata capacità di lettura delle gare.

GESTIONE DEGLI IMPEGNI . Infine un lato negativo della sua esperienza più recente si può trovare in una non ottimale gestione degli impegni ravvicinati. Quando Inzaghi ha avuto la possibilità di competere solo in campionato ha addirittura sfiorato lo scudetto (chissà senza lockdown cosa sarebbe successo). Quando invece si è trovato ad affrontare tre impegni a settimana la squadra ha perso brillantezza. La Lazio della post pandemia sembrava una lontana parente di quella che aveva fatto faville fino a marzo 2020. E anche quest'anno (con la Champions di mezzo) non è riuscita ad esprimersi ai livelli che si è visto gli appartenessero. Un problema forse anche di condizione (il preparatore sarà lo stesso che aveva in biancoceleste) ma che andrà risolto visto che spesso si giocherà 3 volte a settimana. Tuttavia, va detto, nella capitale aveva i giocatori contati, ed era privo di riserve valide in molti ruoli.