(ID) Garlando: ‘Barella? Non scommetterei sulla sua permanenza all’Inter’

L’emergenza economica dell’Inter può mettere a rischio la permanenza di un giocatore come Nicolò Barella. Per questo oggi non scommetterei sulla sua permanenza”. 

La prima firma della Gazzetta dello Sport, l’autore del romanzo sull’Inter (Ora sei una stella, edizioni ‘Il Battello a vapore), Luigi Garlando, scoperchia il vaso di Pandora dal quale fuoriescono offerte – lo ha fatto capire anche il giocatore, ndr – per uno dei simboli della squadra campione d’Italia. Cosa succederà, per ora, lo sa solo il Fado, divinità troppo spesso sottovalutata dagli uomini. Però, gli occhi delle grandi d’Europa – dal Real Madrid al Bayern Monaco, passando per i top club inglesi – sono puntati sul ragazzo di Cagliari. Nell'intervista esclusiva a InterDipendenza, Garlando parla anche di Christian  Eriksen: “Se Christian crescerà ulteriormente sul piano fisico e della mentalità, sarà un punto di forza di Inzaghi”. E infine di Romelu Lukaku: “È già il miglior giocatore del campionato ed essere il numero uno assoluto ti dà una forza iconica, da Gulliver, da gigante buono”.

Prima, però, facciamo un passo indietro. Cosa direbbe nonno Amilcare a suo nipote Ambrogio (i protagonisti di ‘Ora sei una stella’, ndr) di quanto successo all’Inter negli ultimi giorni, ovvero il divorzio con Antonio Conte e l’arrivo di Simone Inzaghi?

Ambrogio sarebbe deluso perché quando un allenatore ti fa vincere, un bambino si affeziona subito. Nonno Amilcare però è un abilissimo e affettuoso persuasore. Riuscirebbe a convincerlo che con Simone Inzaghi si potrebbe vedere un gioco più generoso di quello visto con Conte, più in linea con la storia dominante del club; che dopo essere sopravvissuti all’addio di Mourinho si può sopravvivere anche a quello di Conte; e che in fondo Conte, pur con tutta la gratitudine che si è meritato riportando lo scudetto dopo 11 anni, era pur sempre uno juventino…     

Dalle indiscrezioni trapelate sui giornali, si legge di come Inzaghi voglia porre al centro del suo progetto, oltre a Romelu Lukaku, anche Christian Eriksen. L’Inter, ripercorrendo il suo romanzo, è tornata alla coppia Altobelli-Beccalossi: l’uomo che segna e l’altro che incanta San Siro?

Se Christian crescerà ulteriormente sul piano fisico e della mentalità, sarà un punto di forza di Inzaghi. Simone ha fatto decollare la Lazio, quando ha modificato il gioco in direzione più offensiva: ha tolto Parolo, un mediano, ha abbassato Milinkovic Savic al fianco di Luis Alberto in costruzione e ha aggiunto un’altra punta, Correa. Ha spinto in avanti la Lazio e ha trovato subito l’equilibrio per permetterselo. Conte, fedele al dogma di due interni muscolari, ci ha messo molto di più. Credo che Inzaghi abbia le conoscenze per sfruttare al meglio un giocatore come Eriksen.

Un altro grande protagonista del diciannovesimo Scudetto è stato Nicolò Barella, indicato da molti come ‘capitan futuro’ dell’Inter. È l’uomo giusto per vestire la fascia di Giacinto Facchetti?

Assolutamente. Con una premessa doverosa.

Cioè?

Che l’emergenza economica dell’Inter può mettere a rischio la permanenza di un giocatore come Barella, il profilo più internazionale dei nerazzurri. Soprattutto se l’Europeo la farà brillare ulteriormente. Se resterà, Barella ha tutto per essere il capitano del futuro: è nato interista, ha impeto, spirito di sacrificio, carisma, correttezza di comportamenti. Però, ripeto: per quanto l’Inter riuscirà a trattenerlo? All’agente del giocatore sono arrivate, e non da ieri, le attenzioni dei più grandi club europei: Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco, i top club inglesi… Molti discorsi sono stati avviati e Barella è un ragazzo giustamente ambizioso. Non ne vedo molti centrocampisti più forti di lui in Europa. E’ il Kanté italiano. Quando ha incrociato De Jong in Nazionale lo ha messo sotto. Per questo oggi non scommetterei sulla sua permanenza all’Inter.

Romelu Lukaku, Mvp della Serie A e trascinatore della squadra di Conte, ha invece giurato fedeltà ai colori nerazzurri. Potrà diventare il simbolo dell’Internazionale?

Lo è già e lo sarà ancora per il modo in cui gioca. Non è solo una questione di gol. Cristiano Ronaldo, per esempio, fa più fatica a diventare simbolo di un gruppo per il suo ‘egoismo’, anche in senso buono, cioè di cannoniere spietato. Il portoghese è portato a giocare per se stesso, per i suoi record, mentre Lukaku è costituzionalmente generoso, a volte anche troppo: lo trovi in tutte le statistiche di assistenza e sacrificio. È già il miglior giocatore del campionato ed essere il numero uno assoluto ti dà una forza iconica, da Gulliver, da gigante buono, da trascinatore. E lui piace questo ruolo. Preferisce sentirsi capobranco che capocannoniere.