L’11 luglio 1982 l’Italia di Enzo Berazot, allo stadio Santiago Bernabeu contro la Germania Ovest (3-1), conquistava il terzo titolo Mondiale della sua storia. Trentanove anni dopo il Paese si appresta a vivere un’altra giornata storica. C’è un italiano in finale a Wimbledon – sì, avete letto bene: a Wimbledon – c’è l’Italia in finale a Wembley per l’Europeo. Saranno sfide diverse, ma saranno entrambi affascinanti.
Matteo Berrettini, primo azzurro in 144 anni a centrare l’ultimo atto sul centrale di Wimbledon, sfiderà Nole Djokovic. Sulla carta non ci sarebbe pronostico: il numero uno del mondo è infatti in assetto ‘macchina da guerra’ e vuole raggiungere Roger Federer e Raf Nadal a quota 20 Slam oltre che continuare a coltivare il sogno del Grande Slam (dopo aver già conquistato gli Australian Open e il Roland Garros). Berrettini, a Wimbledon, sta vivendo il momento più esaltante della sua carriera, è imbattuto da 11 partite sull’erba e poi ha la consapevolezza di poter giocare a ‘cuor leggero’. Ieri (venerdì) ha messo in campo una prova di forza impressionante: tolto il terzo set, perso per qualche leggerezza di troppo, ha dominato il povero Hurkacz, giustiziere di Federer nei quarti di finale. Il servizio dell’Azzurro potrà (e dovrà) essere l’arma in più nella sfida che, oggi, pare l’ennesimo remake di quella fra Davide e Golia.
Pure l’Italia di Roberto Mancini non è favorita. Il ‘gap’ con la nazionale di Gareth Southgate è ovviamente più ridotto rispetto a quello che c’è fra Berrettini e Djokovic. Gli inglesi avranno dalla loro il ruggito del più affascinante stadio del Mondo, Wembley, un attacco (quasi) fortissimo e – sibila qualcuno – qualche ‘aiutino’ dall’alto. Gli Azzurri, come Berrettini, vivono però un sogno a occhi aperti: nessuno tre anni fa, quando iniziò l’esperienza del ‘Mancio’ come commissario tecnico, avrebbe scommesso un penny su questa finale. D’altronde l’Italia andava ricostruita dopo il disastro della mancata qualificazione al Mondiale di Russia, lo scetticismo regnava sovrano e la salita da percorrere era più dura di quella del Mortirolo.
Domani è l’11 luglio. Trentanove anni fa il Paese gioiva per le reti di Rossi, Tardelli e Altobelli. Trentanove anni fa il Paese si commuoveva davanti all’esultanza del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini: “Non ci prendono più, non ci prendono più”. Domani è l’11 luglio, dicevamo. Dopo 39 anni è giunto il momento di ‘rinfrescare’ con nuove immagini l’album dei ricordi. Impresa impossibile? No. Perché? Perché un allenatore segnante nella storia dell’Inter, una volta, disse: “Noi abbiamo un sogno, loro un’ossessione”. E anche questa volta è così: Djokovic ha l’ossessione del Grande Slam, l’Inghilterra di vincere qualcosa dopo 55 anni. Matteo Berrettini e gli Azzurri di Roberto Mancini, invece, corrono ‘a cuor leggero’ dietro i loro sogni.