Un’Inter dal sangue Celeste: la storia uruguagia, aspettando Nandez

C'è un filo sottile che collega il destino dell'Inter al fato uruguagio. Senza partire dalla preistoria calcistica, la nostra storia inizia nel 1992, quando i nerazzurri strappano alla Lazio Rubén Sosa. Arrivato in Italia nel 1988, El Principino disputa 4 stagioni con i biancocelesti diventando celebre per le micidiali punizioni e la velocità abbinata a un’ottima tecnica. Arriva nell’Inter di Pellegrini, quasi in sordina rispetto all’acquisto di Darko Pancev, vincitore della Scarpa d’Oro ‘90-91. Sosa si rivelerà invece fondamentale nella vittoria della Coppa Uefa ‘94. Campione anche di simpatia, Ruben lasciò Appiano Gentile nel ‘95 per passare al Borussia Dortmund.

Nel 1997 firma con i nerazzurri un altro figlio dell’Uruguay, Alvaro Recoba. Diventerà uno dei più amati dal popolo dei “bauscia”. Il debutto interista del Chino è da leggenda: due splendide reti dalla distanza contro il Brescia. Anche il terzo gol è spettacolare: un sinistro dalla fascia sinistra poco oltre la metà campo in Empoli-Inter. Dopo una parentesi al Venezia nel ‘99, ritorna in nerazzurro dove alterna grandi prestazioni ad altri meno brillanti, frenato anche dai tanti infortuni. Resta tuttora nel cuore dei tifosi come uno dei più grandi talenti passati in nerazzurro. Dopo di lui la meteora Martin Rivas, difensore ingaggiato nel gennaio 1998. L’esordio il 21 gennaio per gli ultimi 7’ del derby di Coppa Italia. Poi sole altre due partite: il ritorno dei quarti di finale di Coppa Uefa contro lo Schalke 04 e l’ultima di campionato contro l’Empoli. In estate passa in prestito al Perugia, prima di far ritorno all’Inter nel 99-2000, senza mai scendere in campo.

Nel 2004 in porta arriva Fabian Carini, passato alla storia soprattutto per lo scambio che lo vide coinvolto: lui all’Inter, Fabio Cannavaro alla Juve. “Mi ambientai subito grazie al fatto che c’erano molti sudamericani – ha ricordato di recente l’estremo difensore -. Volevo dimostrare di essere all’altezza e si verificò più o meno la stessa situazione vissuta in bianconero: trovai due grandi portiere come Francesco Toldo e Julio Cesar. Venivo sempre convocato e scesi in campo in Coppa Italia. Ma non trovai continuità in campionato, per questo poi presi la decisione di andarmene. Non dimenticherò mai il mio debutto: entrai contro il Messina perché fu espulso Toldo e parai subito un rigore ad Amoruso”.

Tralasciamo Sebastián Ribas, strappato dall’Inter alla Juventud de Las Piedras dopo che gli aveva segnato un gol al Torneo di Viareggio (una presenza in Coppa Italia nel 2006-07, oltre allo scudetto Primavera), e passiamo al 2011, quando a raccogliere la pesantissima eredità di Samuel Eto’o tocca a Diego Forlan, arrivato dall’Atletico Madrid per circa 5 milioni di euro. Il binomio parte col piede sbagliato: il club lo inserisce per sbaglio nella lista europea, ma – avendo già disputato una competizione continentale nella stessa stagione – non può essere utilizzato nella fase ai gironi della Champions. Non va meglio in campionato: l’esordio infatti coincide con la sconfitta 4-3 col Palermo. Nel k.o arriva però la prima rete italiana dell’attaccante. Ma, tra infortuni e prestazioni da dimenticare, la sua avventura nerazzurra sarà breve: 20 presenze e due soli gol.

Dopo Forlan, tocca a Walter Gargano, titolare nel centrocampo di Stramaccioni. Si presenta dicendo di sè “faccio del pressing e del dinamismo le mie armi migliori. Per la verità, mi piace anche battere a rete”. Con l’Inter non la troverà mai in 28 partite, poco meglio gli andrà con il Napoli. Segnando nel 6-1 al Genoa del 6 dicembre 2011, mette infatti fine a un digiuno di 4 anni senza gol. Nel 2012 ecco il terzino sinistro Alvaro Pereira, pagato 10 milioni di euro. Esordisce il 2 settembre, nella sconfitta per 1-3 con la Roma, per poi segnare la sua unica rete in nerazzurro nella vittoria per 2-0 in casa del Chievo. In una stagione e mezzo, 46 presenze senza lasciar traccia. Diego Laxalt non trova spazio nell’Inter di Mazzari, finendo subito in prestito a Bologna ed Empoli prima di essere ceduto al Genoa.

Nel 2017 le cose vanno meglio con l’arrivo di Matias Vecino, prelevato per 24 milioni dalla Fiorentina. Sua la rete alla Lazio nell’ultima giornata che permette all’Inter di qualificarsi in Champions League a 7 anni dall’ultima partecipazione. Sua la rete contro il Tottenham che, nell'esordio stagionale in quella Champions, concretizzò la rimonta interista. Tanti i gol decisivi da parte dell'ex Fiorentina, a detta di molti una sorta di hombre del destino. Buon ultimo, Diego Godin, arrivato nell'estate del 2019 dall’Atletico Madrid. Per lui un anno di alti e bassi, con Conte in panchina, protagonista soprattutto in Europa League, dove trovò il gol addirittura nella finale poi persa dalla sua Inter contro il Siviglia. Poi la cessione al Cagliari dopo una sola stagione.

Trent'anni di corsi e ricorsi storici, tutti dal sangue Celeste tipico dell'Uruguay. Adesso, la pesante eredità è pronta ad essere raccolta da Nahitan Nandez, in arrivo proprio dal Cagliari. Inter e Uruguay, che destino.