Caro Simone, ti scrivo perché qui nelle ultime settimane si è parlato un po’ di tutto: dei sentimenti dei giocatori che poverini vanno via a prendere qualche milione in più, di quelli della dirigenza costretta a fare quel che non vuol fare, e di quelli della proprietà brutta e cattiva (a detta di qualcuno) che pensa solo al grano, mica a noi tifosi.
Te ne sarai accorto, caro Simone, che qui si sta parlando un po’ di tutto, tranne di te, che sei il nuovo allenatore della squadra campione d’Italia e che quest’anno sei chiamato a un compito che sembra diventar più arduo ad ogni settimana che passa. Che poi questo silenzio non è per forza una male, dato che spesso intorno all’Inter e specialmente all’allenatore dell’Inter si parla anche troppo e non in modo carino, però ecco qui sembra che ci sia dimenticati di te, e non è mica bello.
A te, Simone, vanno i miei pensieri oggi, perché da buon interista so che qui l’allenatore diventa il centro di tutto durante una stagione: il coach può diventare un condottiero da far impallidire Goffredo di Buglione nella Gerusalemme Liberata, ma può anche diventare il capro espiatorio di tutti i mali, da far sembrare la caccia alle streghe del 1600 una semplice partita ad acchiapparella.
A te, poi, attende un compito mica facile, cioè quello di far sbiadire il ricordo di Antonio Conte, un allenatore che se fosse rimasto un altro anno avrebbe raggiunto le vette di santificazione toccate solo da Josè Mourinho da Setubal. Però, caro Simone, devo confessarti un segreto: la sua Inter pratica e vincente a me non è mai sembrata realmente la mia Inter.
Per carità, per un tifoso è bellissimo sedersi la domenica sul divano e sapere in anticipo che la propria squadra vincerà, perché in fondo la squadra di Conte sapeva solo vincere, soffrendo poco o nulla. Eppure questa cosa a me lasciava sempre un retrogusto strano, perché io sono cresciuto con il mito della pazza Inter, di una squadra imprevedibile nelle vittorie e nelle sconfitte, e che proprio per questo motivo rendeva i successi indimenticabili.
Simone, io in te ripongo tante speranze, proprio perché penso che tu possa essere la persona giusta per far rivivere la pazza Inter di cui mi sono innamorato da bambino. Qualche partita della tua Lazio l’ho vista, ed era incredibile constatare quante volte riusciste a ribaltare il risultato negli ultimi minuti, segnale di un gruppo che non smetteva mai di crederci. E ricordo anche la vostra finale di Supercoppa contro la Juve, quando andaste in vantaggio per 2-0, per poi farvi raggiungere dalla doppietta di Dybala, e infine esplodere di gioia grazie alla rete all’ultimo secondo di Murgia.
Ecco, caro mister Inzaghi, noi interisti non siamo ossessionati dalla vittoria come altri, noi ci innamoriamo delle sensazioni che la squadra ci trasmette, e il tuo compito sarà quello di farci innamorare della tua Inter. Poi è ovvio, se ci portassi la seconda stella o addirittura la quarta coppa dalle grandi orecchie noi non ci offenderemmo mica oh, ma sappi che a noi basterà vederti correre ad abbracciare i giocatori dopo un gol allo scadere per sentirti parte della nostra famiglia.
Buona fortuna caro Simone, da un interista che ha tanta voglia di innamorarsi della tua Inter.