di Candido Baldini
Che qualcosa di insperato fosse nell’aria lo si era già capito. I presupposti dell’impresa c’erano tutti. E anzi, questa volta sembrava che ci fosse qualcosa di diverso, qualcosa di più. Come un aiuto dall’alto. Come una convergenza di tutto l’interismo, che si era fatto trovare pronto a colpire con il massimo della sua forza.
Tutto era iniziato più o meno una settimana prima, il 12 maggio del 2018. L’Inter per restare aggrappata al sogno Champions doveva superare il Sassuolo, la più classica delle bestie nere. Ma quel sabato sera Politano decise di castigare la squadra a cui poi si unì pochi mesi dopo. Tutto a vantaggio della Lazio di Simone Inzaghi, in splendida forma e a volte apparentemente imbattibile, lanciata, pronta a prendersi il quarto posto con un turno di anticipo.
Ma l’attuale allenatore nerazzurro non aveva fatto i conti con un dettaglio. Ossia che non avrebbe affrontato l’Inter solo una settimana dopo, ma già nel corso di quella domenica. Perché se è vero che l’avversario di turno si chiamava Crotone, sulla panchina dei calabresi sedeva un certo Walter Zenga, che di interismo ne ha davvero da vendere. E quel 2 a 2 che ha restituito speranza a Icardi &co è stato il regalo più bello da parte di un tecnico che avrebbe fatto di tutto per di accomodarsi sulla panchina nerazzurra, ma che non ci è mai riuscito. Eppure, Zenga il tifoso, il suo sogno in un certo senso lo ha realizzato. Allenatore dell’Inter per una domenica, e non gliene vogliano giocatori e tifosi del club calabrese.
Il 20 maggio di quella stagione è storia nota. Un duello all’ultimo sangue. Non sarebbe però da (pazza) Inter ricevere un’occasione così grande, così profondamente architettata dal destino, per poi sprecarla. E pazienza allora se la gara vede un assolo della Lazio. Occasioni a ripetizione, tanto gioco, pali e un gol. Il momento arriverà. Deve arrivare. La squadra soffre, raggiunge il pari con D’Ambrosio in maniera sporca. È solo la voglia e la rabbia a tenere in gioco gli uomini di Spalletti, perché per il resto c’è solo una grande Lazio. Lazio che torna in vantaggio con Felipe Anderson. Il traguardo sembrerebbe lontano per chiunque (serve una vittoria, nessun altro risultato) ma non per un interista. Nella parte finale del match gambe, talento, tecnica e tattica non contano più. Rimane solo la testa. E la Lazio la perde.
Fuori il capitano Lulic per doppio giallo. Poi De Vrij, promesso sposo nerazzurro, che non avrebbe dovuto giocare quel match, atterra Icardi, che pareggia dal dischetto. Poi la prende Vecino. 2-3 e Inter in Champions. Ma gli interisti, nel profondo, lo sapevano già. Glielo aveva detto Zenga. E allora via alla festa, all’apoteosi, e alle lacrime di Zhang. Quanto sembrano lontane (e non temporalmente parlando) quelle immagini.