… di Gianluigi Briguglio
Il calciomercato più folle della storia ha chiuso i battenti e possiamo tirare un sospiro di sollievo, allontanare le ansie che accompagnano, inevitabilmente, ogni “ufficiale”urlato in prima pagina. Cerchiamo ora di fare un passo indietro, riavvolgiamo le lancette dell’orologio.
L’Inter è campione d’Italia solo da qualche giorno ma già le prime incertezze si affacciano all’orizzonte. I pezzi pregiati, a partire dal suo timoniere, rischiano di lasciare la barca vincente ma, si mormora, piena di buchi, incapace nell’affrontare un futuro che appare decisamente tempestoso. Questa narrazione disfattista trova subito compimento nell’addio di Antonio Conte e nella vendita di Achraf Hakimi al Paris Saint Germain, due delle armi più affilate dell’Inter fresca di tricolore. La pressione dei media è opprimente, ogni giorno centinaia di articoli, approfondimenti, ospitate televisive, video su YouTube, post sui social, parlano di difficoltà della proprietà, di svendita totale, di fuga, di voglia di smantellare tutto il possibile. Voci di mercato monocorde: il campione dell’Inter -metti qui il nome- è in procinto di andar via. E l’allenatore? Con chi sarà sostituito Antonio Conte? E giù di nomi anche per quello, alcuni probabili altri fantasiosi. Ma nell’Inter di oggi ci sono persone capaci di concretizzare le idee: la firma di Simone Inzaghi scuote, poco a dir la verità, la vulgata dominante. Il giovane allenatore ha un pedigree di tutto rispetto, il modulo è quello, già rodato, il carisma non manca e la Lazio? L’avete vista la Lazio di questi anni? Beh, niente male! Ok, rimbrottano i detrattori, ma che squadra avrà in dote il nuovo allenatore? Se già Hakimi è andato, quanti altri lo seguiranno?
A Luglio succede l'imponderabile, l’infortunio (chiamiamolo così) di Eriksen, un altro protagonista della cavalcata vincente, messo fuori gioco a tempo indeterminato. Solo dopo pochi giorni, però, arriva la bomba: il fantasista del Milan Hakan ÇalhanoÄŸlu è dell’Inter. La dirigenza interista fa sua la terza legge della dinamica e alla reazione dell’indisponibilità del danese fa corrispondere l’arrivo di un pari ruolo e proveniente dall’altra parte del naviglio. I giorni scorrono tranquilli e ad agosto torna a Milano Romelu Lukaku, il vero trascinatore delle fortune nerazzurre. Abbracci, foto, dichiarazioni, strette di mano e le prime amichevoli, dimostrano, qualora ce ne fosse bisogno, che l’Inter di Inzaghi non è per nulla inferiore a quella dello scorso anno. Ma è lo stesso Lukaku a spezzare l’idillio ritrovato. L’accordo col Chelsea è stretto da settimane, o almeno così diranno i più informati, ed il belga sprona la società a trovare un accordo col club londinese: il suo sogno è tornare a giocare per i blues. In pochi giorni la trattativa decolla e per 115 milioni di euro l’attaccante fa le valigie e, dall’oggi al domani, abbandona l’Inter.
Da qui in poi il delirio.
Tornano a farci visita antichi e polverosi spettri: Lautaro è del Tottenham, Skriniar e De Vrij sono stati offerti a mezza Europa, Barella ha già trovato casa a Liverpool e anche Marotta e Ausilio sono sul punto di cedere. Stanchi, anche loro, di questa politica al risparmio voluta da Suning, i massimi dirigenti sono pronti alle dimissioni. Bufera, si titola, terremoto, si sbraita, le dimissioni sono pronte. Siamo al 5 agosto. Passa qualche giorno, ma nulla di quanto sbandierato avviene, anzi. L’Inter il 15 agosto porta a casa Dumfries, giovane esterno olandese che ha ben figurato all’Europeo appena trascorso, e l’attaccante Edin Dzeko. Ecco, quindi, la prima giornata di campionato e proprio due tra i nuovi arrivati, il bosniaco ed il turco, si dimostrano in forma strepitosa. Inzaghi, intervistato dopo la vittoria, anticipa l’arrivo di un’altra punta, il giocatore che darà al reparto offensivo, orfano di Lukaku, quel quid in più. La dirigenza accelera e Joaquín Correa approda alla corte del suo mentore Inzaghi. Neanche il tempo di scendere dall’aereo e l’argentino, in quel di Verona, mostra al suo nuovo pubblico la bontà dell’operazione.
Quindi torniamo al presente e dobbiamo tirare una linea, fare un bilancio e dirci la verità.
La scure ha sfiorato l’Inter, lo scalpo però è salvo. Quando hai dirigenti capaci di fare necessità virtù anche il più pessimista tra i tifosi può dormire sonni tranquilli. Questa è un’Inter migliore rispetto allo scorso anno? No, neanche per sogno. Questa è un’Inter diversa? In alcune delle sue componenti si, anche se la differenza maggiore sembra vedersi a livello tattico, ma per quello ci sarà tempo. È un’Inter competitiva? Centro. Ed è questa la forza delle idee, quella che si scatena quando le risorse sono poche ma le competenze e la professionalità sono titaniche. Thomas Edison diceva che il valore di un’idea sta nel metterla in pratica ed è quello che succede quando sai lavorare bene ai fianchi, quando hai prontezza e astuzia, quando sai far bene il tuo lavoro, quando resisti alle pressioni esterne ed interne. Stiamo forse negando i problemi dell’Inter? No, non era questo l’intento di questo resoconto. I problemi ci sono, tanto per l’Inter quanto per il sistema calcio. Ma saper rispondere ad un problema, enorme, come la partenza del tuo leader e le difficoltà finanziarie, è una dote rara. Ed è per questo che io mi godrò in serenità, come tanti altri tifosi, un’altra stagione della nostra amata Inter ringraziando chi è rimasto, chi è arrivato e chi crede in questa squadra.