Lukaku continua a parlare dell’Inter. Evidentemente c’è un qualche piccolo tarlo che lo rode dentro, lui che si era creato l’immagine del gigante buono senza macchia e senza paura, lui che a suon di gol si era proposto come capopopolo di un esercito da anni alla ricerca di un condottiero credibile ed appassionato.
Gli piaceva quell’immagine e ancor di più l’enorme affetto di cui lo hanno circondato i tifosi. Era l’ultimo passo del suo percorso trionfale, da bimbo povero che osservava la madre allungare il latte per sfamarlo a star indiscussa di una delle squadre più gloriose del panorama calcistico mondiale. Nelle sue parole, nei suoi gesti si leggeva l’orgoglio per essere riuscito in questo miracolo e in quello di rappresentare la riscossa di milioni di tifosi che nell’ultimo decennio si erano sentiti un po’ come lui da piccolo, parenti poveri costretti ad osservare gli altri che spendevano a mani basse e dominavano.
Lukaku sa, dentro di se, che la scelta fatta di lasciare tutto questo in nome dei quattrini dei Blues annienta la sua immagine di ultimo supereroe romantico di un sistema che avrebbe un disperato bisogno di uomini più che di imprenditori di sé stessi. E per scacciare questo tarlo continua a ringraziare l’Inter, a parlare di amore “salvo che…”, quasi un mantra forse per mettersi l’animo in pace.
La sua ultima esternazione “l’Inter mi ha tolto dalla m**** ma con la testa ero già al Chelsea…” dimostra che Romelu ha le idee confuse.
A quale m**** si riferisce? Probabilmente non a quella economica, visto che anche allo United , nonostante un rendimento criticabile, il suo appannaggio viaggiava su cifre esorbitanti. Se invece si riferisce ad un’altra categoria di m**** , quella tecnico-tattica, il gigante belga deve capire che la sua esplosione in Italia è da riferire ad alcuni fattori quasi certamente irripetibili in Premier.
Innanzitutto il livello tecnico della Serie A, decisamente inferiore rispetto al massimo torneo inglese. Con quello che passa il convento in Italia in questo periodo basta avere qualche cilindro in più per far saltare le difese anche sa hai due piedi non propriamente baciati dagli dei del calcio. Vale il vecchio detto, in un mondo di ciechi un orbo fa fortuna. In Inghilterra invece difensori dalle spalle larghe e piedi talentuosi non mancano a nessun club di primissima fascia, Lukaku se ne ricorderà presto.
In secondo luogo una squadra ed un modulo costruiti da Conte sulle sue caratteristiche come un vestito su misura. Tutto ruotava intorno a lui ed allo schema principe dell’Inter dello scudetto, palla a Romelu e vai con Dio. A Londra trova una squadra campione d’Europa, con un tecnico per niente avvezzo a sacrificare la coralità del suo gioco sull’altare di un primus inter pares.
Al di là del fatto che comunque la si guardi il giudizio di Lukaku sfiora l’offesa nei confronti dello United, resta l’impressione di un ragazzo che sa di non essersi comportato correttamente con chi lo ha esaltato e proiettato verso una nuova dimensione che adesso è chiamato a confermare. Anche per questo non perde occasione per trovare giustificazioni assurde, nella sostanza e da ieri anche nella forma.
Se avesse avuto la voglia di approfondire, Lukaku avrebbe scoperto che l’Inter non ha alcuna dimestichezza con la materia organica, salvo i casi in cui uno dei suoi se la passi davvero male. Il passato riporta alla mente gli episodi di Kanu, quello di Burdisso, perfino quello di un giovane semisconosciuto come Natalino. Gente che lo meritava davvero di esser tirati fuori dalla m****.
Quella in cui Lukaku galleggiava prima di arrivare a Milano resta affar suo, oggi più che mai.