Inter, Lautaro sconfessa tutti, manca solo l’ultimo passo
Mannaggia alle nazionali, mannaggia alla sosta. I tifosi smoccolano per 15 giorni, una crisi di astinenza che torna puntuale 2/3 volte l’anno e contro la quale non c’è metadone. Effetti tossici aggravati dall’impossibilità di rifiutarsi di accompagnare la moglie all’Ikea, “tanto oggi non ci sono partite”.
Ancor di più s’incazzano gli allenatori dei club più importanti che, privati delle loro star internazionali, si trovano a lavorare con vecchie riserve, schiere di primavera ed a frequentare le parrocchie più vicine implorando i Santi che nessuno si faccia male. Gestire le soste è per loro un impegno difficile durante la sospensione e micidiale alla ripresa del campionato, dovendo fare i conti con stanchezze varie, jet leg, concentrazione andata a ramengo. E comunque anche un alibi pronto da sfornare per i giornalisti quando i primi 90 minuti post nazionali non vadano troppo bene, un must di Maurizio Sarri e non solo.
Poi però arriva uno come Lautaro ieri a Genova e scompagina tutto ‘sto castello di teorie. Il Toro, rientrato solo 24 ore prima dall’Argentina , va in campo, si procura la punizione da cui nasce il gol di Dimarco, segna e rischia di segnare ancora, per un’ora corre e fa a sportellate come se non ci fosse un domani.
Ergo, cosa pensare?
Che se hai 24 anni e la testa sulle spalle una sfaticata del genere la puoi sopportare senza dover ricorrere alla camera iperbarica;
Che la stanchezza fisica innegabilmente c’è ma può essere gestita e nascosta grazie alla volontà;
Che il rinnovo di contratto concordato anche se ancora non ufficializzato ha messo le ali al Toro più di una cassa di Red Bull.
Lautaro sempre più al centro del progetto Inter post Lukaku, anzi, paradossalmente senza il gigante belga acquista spazi di manovra ancora più ampi nei quali dare sfogo alla sua concreta fantasia.
Ma l’up grade più importante per lui sarà quello della responsabilità (che inevitabilmente arriverà in certi momenti della stagione) di caricarsi la squadra sulle spalle. Dzeko ha esperienza e leadership importanti ma è arrivato ora, là davanti toccherà a lui esprimere quel qualcosa in più che solo il senso di appartenenza riesce a creare. Skriniar in difesa, Barella in mezzo al campo, Lautaro in attacco: la spina dorsale dell’Inter è questa, i primi due si giocheranno la fascia da capitano quando Samir se la toglierà dal braccio, il carisma del Toro non avrà bisogno di segni di riconoscimento se continuerà a parlare a suon di gol.