Inter, tra equivoci e lampi di luce ma l’assenza di Eriksen è ‘micidiale’

L’Inter torna da Sassuolo con tre punti dal peso specifico altissimo. Non tanto e non solo perché permette ai nerazzurri di restare saldamente agganciati al treno di vertice, prima della sosta, quanto per le condizioni in cui la vittoria è maturata.

Punto primo. Dopo Verona, Fiorentina, Atalanta i ragazzi di Simone Inzaghi portano a casa punti preziosi in rimonta, segno inequivocabile di carattere tosto e di consapevolezza nei propri mezzi. Altre letture potrebbero suggerire un atteggiamento troppo blando, nella parte iniziale delle gare, oppure formazioni rivedibili nell’undici iniziale. Tutte considerazioni apprezzabili da unire, però, dentro la cornice delle difficoltà (per una squadra profondamente cambiata rispetto allo scorso anno) di giocare ogni tre giorni con dispendi di energie fisiche e mentali enormi.

Seconda osservazione: Joaquin Correa e Hakan Calhanoglu rischiano di diventare degli equivoci più che delle risorse. L’ex rossonero sta confermando quel che aveva dimostrato negli anni milanisti pre Stefano Pioli. Ossia: toglierlo dalla sua mattonella dietro le punte significa azzerarne il contributo. Inzaghi pretende da lui cose e atteggiamenti diversi, se il ragazzo capisce e si adegua rapidamente bene. Altrimenti sorge il dubbio che il suo acquisto possa essere catalogato alla voce 'dispettucci' tra cugini.

Correa aveva abbagliato tutti con la doppietta a Verona, dopodiché è scomparso dai radar. Alzi la mano chi ha ben compreso il suo ruolo a Sassuolo. El Tucu non ha fatto la seconda punta vicino a Lautaro Martinez, non ha fatto il trequartista in un ipotetico 5-3-1-1. Confesso che per capire cosa ha fatto, ho bisogno di rivedere la partita con calma in attesa (anche) delle eventuali spiegazioni dei lettori.

Dulcis in fundo l’insostituibilità di alcuni giocatori. Finchè Nicolò Barella riesce a trovare le energie che gli permettono di giocare 90 più recupero anche nel torneo di calcetto condominiale, va tutto bene. Ma anche lui è un cristiano, fatto di ossa e muscoli, come tutti gli altri. Impossibile dunque pretendere che si faccia carico di un lavoro così massacrante per tutta la stagione. C’è da tremare al pensiero di un suo calo di forma che – fisiologicamente – prima o poi arriverà. La rosa è quella che è. Studiare alternative anche tattiche in questa logica significa anticipare un eventuale problema.

Ma il rebus più intricato cui Inzaghi si trova a far fronte è quello di Marcelo Brozovic. Nei 50-60 minuti, a cavallo tra primo e secondo tempo, Djiuricic è riuscito a non farlo giocare, a non permettergli di ricevere palla azzerando in pratica ogni possibilità di ripartenza della squadra nerazzurra. Che il croato sia diventato il costruttore per eccellenza della manovra è ormai chiaro a tutti. E quindi tutti provano ad oscurarlo. Con risultati poco apprezzabili lo scorso anno perché in campo c’era un altro catalizzatore che scendeva a prendersi il pallone per gestire la prima fase con la necessaria lucidità. Da gennaio in poi Christian Eriksen era stato vero equilibratore del centrocampo interista, quello che rendeva tutto più facile, quello che permetteva a Brozovic di liberarsi da marcature ossessive ed a Barella di dare sfogo alla sua dinamicità a supporto delle punte. A Sassuolo è stato evidente quanto manchi il danese, ben più di Lukaku, ben più di Hakimi, quando Inzaghi è costretto a dare il cambio a Brozovic arretrando proprio Barella il guaio è duplice perchè il tamburino sardo non ha le corde da regista basso e partendo da 40 metri indietro non può mettere al servizio della squadra la sua esplosività.

Con la perdita di Eriksen, l’Inter è diventata una splendida sala illuminata da una sola lampada. Se si fulmina quella, allora, si resta la buio. Occorre farsene una ragione, un altro come Eriksen non esiste. Inzaghi, per quanto bravo, non ha la bacchetta magica. Luciano Spalletti inventò Brozovic regista dalla mattina alla sera mentre il ragazzo stava salendo sull’aereo che lo avrebbe portato in Spagna visto che all’Inter non c’era più posto per lui. Servirebbe un altro colpo d’ingegno di quel livello.

In bocca al lupo, dunque, mister Inzaghi.