Da Dzeko, ad Handanovic: siamo stufi degli attacchi gratuiti all’Inter
Siamo stanchi di letture emotive e poco razionali, figlie di presunte antipatie. Un altro esempio? Il ‘giudizio’ sull’arbitraggio di Pairetto
Siamo sinceramente stufi di leggere attacchi continui e gratuiti nei confronti dell'Inter.
L’ultimo è stato partorito all’indomani del prezioso ed importante successo ottenuto dai nerazzurri contro il Sassuolo (qui potete rivivere le emozioni della gara). Stufi di letture emotive e poco razionali, figlie di presunte antipatie che, pur essendo naturali e fisiologiche – il calcio ne è pieno – non possono far parte di una corretta analisi.
Prendiamo l’episodio Handanovic-Defrel, che Pairetto ha giudicato non meritevole di sanzione. Non c’era niente da sanzionare, eppure qualcuno ha scritto che l’Inter ha vinto anche grazie a Pairetto. Sarebbe stato più corretto scrivere che, dopo sessanta minuti di chiaro predominio del Sassuolo, l’Inter ha ribaltato la gara grazie alle intuizioni e ai cambi di Simone Inzaghi. Se è vero che altre squadre sono brave a soffrire e poi vincono e ricevono elogi perché scorpioniche, audaci o quel che vi pare, deve essere vero anche per l’Inter. Altrimenti non c’è coerenza, ma chiara antipatia che non può far parte di un giudizio razional-equilibrato.
L’Inter ha vinto anche grazie alla potenza di Edin Dzeko, che i soliti noti hanno apostrofato prematuramente come bollito (e Dzeko a fine gara si è tolto un paio di sassolini dalla scarpa come potete leggere qui), alle parate di Handanovic, che tutti crocifiggono quando sbaglia, ma che quasi mai nessuno esalta quando merita. Per la cronaca, si guardi il primo intervento di Musso in Atalanta-Milan – che di fatto ha indirizzato la partita verso il successo dei rossoneri – per comprendere che i portieri, tutti, nessuno escluso, sbagliano.
Non si comprende come mai quando si tratta di Inter è più facile sottolineare quello che non va. Meglio parlare della situazione debitoria – trita e ritrita, rigirata in tutte le salse – piuttosto che tessere le lodi di una squadra che, pur perdendo pezzi da novanta come Conte, Hakimi e Lukaku, ha totalizzato cinque punti in più di quanto fecero i futuri campioni d’Italia dopo sette giornate dello scorso campionato.
Siamo stufi perché crediamo che ogni giudizio debba essere equilibrato, obiettivo e privo di sciarpa e bandiera. Altrimenti è meglio riporre la penna nel calamaio ed andare in curva a cantare e ad incitare la propria squadra del cuore. Giusto esaltare il Napoli di Spalletti, meritatamente in testa e a punteggio pieno. Giusto osannare il Milan di Pioli, che gioca bene e fa divertire. Giusto elogiare il pragmatismo della Juventus di Allegri, brava a chiudersi a riccio e a piazzare la zampata vincente. Giusto, appunto. Ma è altrettanto giusto applaudire la nuova Inter di Simone Inzaghi, a quattro punti dalla vetta, abile nel recuperare in quattro occasioni lo svantaggio e pronta a dire la sua in un campionato che si preannuncia avvincente. Giusto perché, fino a prova contraria, stiamo parlando dei campioni d’Italia in carica.
Serve rispetto. Così è (se vi pare).
Editoriale di Raffaele Garinella