Inter, c'è un Toro “scornato” nel day-after del derby; ma andiamo con ordine.
Lautaro Martinez nasce nel 1997 a Bahía Blanca, città dominata dal basket e conosciuta anche per il grande cestista Manu Ginóbili a cui con ogni probabilità si deve l’altro amore di Lautaro. Fino a quindici anni gioca a palla, alternando pomeriggi di calcio ad altri di basket. Quando tutti si accorgono del suo talento, però, Martinez deve fare una scelta. E pensiamo abbia preso quella giusta. Fu Fabio Radaelli, ai tempi allenatore della primavera del Racing Avellaneda, a scoprire il prezioso diamante celato nel giovane Lautaro. Da lì a poco viene accolto nel mitico club di Avellaneda, la ex squadra di Diego Milito, attaccante che con il nerazzurro dell’Inter ha conquistato l’ambito Triplete targato 2010.
Prima di arrivare in Italia riesce a farsi etichettare addosso il soprannome “El Toro” per una giocata fatta durante una partita contro l’Indipendiente: un grandioso stop di petto, con un movimento decisamente taurino. Arrivato all’Inter passa i primi mesi come riserva di Mauro Icardi; poi, dopo il caos con l’ex capitano nerazzurro, si prende il posto da titolare e la scena.
Con Spalletti fa intravedere numeri importanti, ma è con Conte e in particolare al fianco del nuovo acquisto Lukaku che finalmente esplode. In patria lo paragonano proprio a Diego Milito: è più potente di Diego, ma meno elegante, per ora forse anche meno letale. Ma Lautaro è un sentimento del popolo, ha l'anima del nueve, che morirebbe per un gol; possiede anche la tecnica tipica della punta di manovra. Ha innati movimenti perfetti, i tempi giusti, e soprattutto non ha paura.
Come in corrida dinnanzi al toro, il suo sangue sembra di ghiaccio. Ora, con Inzaghi, la stagione di Martinez è a tutti gli effetti positiva fino a questo momento, nonostante un periodo di appannamento (non segna da un mese, qui il nostro focus). Nella gara contro il Milan di ieri è risultato per forza di cose il peggiore in campo, con tanto di rigore decisivo sbagliato. Non calciato male, anzi, a dirla tutta il penalty dell'argentino era sulla carta migliore di quello di Calhanoglu, che invece lo aveva scagliato centrale ed a mezza altezza; ma quando il Destino si intromette, capita che Tatarusanu possa fare l'intervento più importante della stagione, e Lautaro non riesca a sbloccarsi. I numeri poi lo puniscono ulteriormente. Oltre al rigore, solo una conclusione – per altro fuori dallo specchio della porta -, 75% dei passaggi riusciti, 0 cross riusciti su 1 tentato, 50% dei duelli vinti e 1 fuorigioco fischiatogli.
Nonostante questo, però, giù le mani da un simbolo della nuova Inter, che come risaputo ha appena prolungato fino al 2026 il suo contratto con i nerazzurri. Toro, ti aspettiamo ad esultare presto sotto la curva. Noi non vediamo l'ora.