Inter Inzaghi – Premessa doverosa: non c’è alcun dubbio che se l’Inter finalmente torna agli ottavi di Champions dopo dieci anni debba ringraziare il lavoro di Conte, soprattutto in termini di mentalità. Processo fisiologico, anche il tecnico di Lecce aveva trovato le fondamenta di una squadra ricostruite da Luciano Spalletti, lui poi ci aveva messo del suo ottimamente supportato dalla società che in due anni gli aveva regalato Barella, Hakimi, Lukaku, Vidal e compagnia bella.
Da qui in poi tutti in piedi, Simone Inzaghi merita oggi una standing ovation.
Sedersi sulla panca della squadra campione d’Italia pur consapevole delle enormi difficoltà causate dalla situazione economica di Suning e dalla pandemia è stata una scommessa da far tremare i polsi. Poteva restare bello tranquillo nella sua Lazio invece ha scelto l’azzardo affascinante, come il gabbiano Jonathan Livingstone ha scelto di cercare di volare più alto anche a costo di bruciarsi le ali.
Lo ha fatto in silenzio, senza proclami, con il suo stile tanto low profile da apparire banale, ogni tanto pure qualche sorriso, un ritorno alla normalità dopo i fuochi artificiali di Conte di fronte ai microfoni. Un aziendalista è stato detto. E’ vero ma nel senso migliore del termine, non il signorsì di turno “tanto il 27 la paga arriva comunque” ma un giovanotto sveglio che ha capito subito il concetto più importante da mettere in atto: condividere. L’esatto contrario dell’uomo solo al comando, dell’unto del Signore, del novello Marchese del Grillo dell’ “io so’io e voi nun siete un cazzo”.
Condivisione con la società della sua storia, condivisione con la dirigenza delle difficoltà del momento e del ridimensionamento necessario, condivisione con la squadra, soprattutto con i nuovi, di accorgimenti tattici e mentalità, condivisione con i tifosi delle aspirazioni.
Nella condivisione convivono la responsabilità dei risultati che Inzaghi sa essere tutta sulle sue spalle e la sicurezza che la dirigenza è allineata con lui, qualsiasi sia l’esito della stagione. Potrebbe essere diversamente con un Presidente a 3000 km, il futuro legato ad un prestito da rimborsare e voci di cessione del club che si rincorrono quotidianamente? Per qualcuno potrebbe addirittura diventare un comodo alibi dietro cui trincerarsi, Inzaghi la sta interpretando come uno stimolo potente per dimostrare il valore suo e della squadra.
E come lo sta dimostrando? Con i fatti. Siamo sinceri, dopo le prime due partite di Champions con un punto tra Real e Shakhtar quanti erano quelli che credevano di passare agli ottavi con un turno di anticipo? Esatto, pochi. Lui si, basta andare a rileggere le dichiarazioni pre Sheriff, sapeva che la sua Inter aveva nelle proprie corde il filotto vincente per regalare il primo obbiettivo stagionale a società a tifosi. Dimostrare che questo gruppo può tranquillamente sedersi magari non al ristorante di Cracco o da Pinchiorri ma di certo nei locali con una o due stelle in Europa. Poteva accadere anche negli scorsi anni, le difficoltà complessive dei gironi erano più o meno analoghe ma non accadde, sugli annali e nei ricordi dei tifosi resta questo.
E anche in Italia dopo un momento di incertezza legato a qualche errore di troppo la squadra sta salendo di livello, tattico e mentale, dopo il successo sul Napoli è chiaro che chi vorrà cucirsi il tricolore sul petto dovrà fare i conti con i nerazzurri. Esattamente come lo scorso anno.
Tutto bene dunque? Per il momento si, l’orgoglio di essere a marzo tra le 16 più forti d’Europa, i soldini (tanti) che arriveranno dall’Uefa con la possibilità di usarne una parte sul mercato di gennaio, le premesse per un altro campionato di rincorsa ma come lo scorso anno ricco di aspettative sono già da iscrivere nel bilancio nerazzurro di questi quattro mesi.
Dopodichè il cammino è lungo, le difficoltà ci saranno ancora ma l’entusiasmo respirato a San Siro in questi ultimi giorni conferma che la strada intrapresa è quella giusta.