Inzaghi, il “fratello maggiore” che silenziosamente si è preso l’Inter

Inter, “c'era una volta Simone Inzaghi…”.

E' cosi che solitamente inizia una favola. E non si può descrivere diversamente l'avventura dell'ex tecnico della Lazio sulla panchina dell'Inter. In estate l'intero mondo nerazzurro piangeva l'addio di Antonio Conte, e considerava l'arrivo di Inzaghi, nelle migliori delle ipotesi, un ripiego, un accontentarsi di una scelta forzata vista l'emergenza nata da una rottura improvvisa. Il nuovo arrivato, invece, ha saputo porsi con l'atteggiamento giusto, presentandosi in punta di piedi, deciso a far parlare i fatti anziché i proclami. Risultato? A soli 7 mesi dall'annuncio del suo arrivo Simone Inzaghi ha fatto ricredere praticamente tutti.

Non solo grazie ai numeri, eloquenti e nettamente a suo favore. Il mondo del nuovo allenatore è diverso e migliore di quanto ci si sarebbe azzardato a sognare. I giocatori si sono presentati ad Appiano al primo allenamento come soldatini, memori dei modi gendarmeschi del precedente condottiero. La reazione è stata immediata. Un invito alla tranquillità, allo stare più sciolti (senza perdere concentrazione e professionalità). Perché questo è il modo di porsi di Inzaghi: un fratello maggiore che cerca il rispetto non grazie a regole eccessivamente restrittive, ma tramite il dialogo e il cameratismo. Bisogna pensare a divertirsi in primis. L'atteggiamento potrebbe apparire lascivo, ma i risultati non mentono.

Ad oggi questa Inter supera sotto ogni aspetto quella di Conte. Sia sul versante dei punti conquistati che sulla posizione di classifica (passando per reti messe a segno, reti subite e clean sheet ottenuti). Troppo presto far trarre conclusioni, visto che c'è ancora da giocare un girone intero. Ma intanto i tifosi (e non solo) si godono un'Inter diversa, bella da vedere come forse mai accaduto, divertente ed imprevedibile (e guarda caso in Europa la storia è cambiata dopo 4 anni di sofferenza). I giocatori (come richiesto) si divertono, ed in tanti sono rinati (chiedere ad esempio a Perisic). Sono lontani i tempi della rabbia, del rancore ad ogni conferenza stampa, del timore di una separazione dopo ogni sconfitta, della sensazione di non essere abbastanza per un tecnico che pretendeva di più, della caccia al colpevole (giocatori, società, arbitri) dopo ogni singolo passo falso.

Ora è il tempo della serenità, della gioia di vedere un allenatore che sente (e fa sentire) l'onore di allenare l'Inter, delle corse sfrenate dopo i gol. Bisogna ovviamente attendere Maggio per giudizi definitivi, ma per ora si può dire che la storia sembra diversa. Per il compimento della favola manca solo il lieto fine, ma le premesse ci sono tutte.