Partiamo da una certezza: il girone d’andata dell’Inter ha rasentato la perfezione. Dopo il periodo di assestamento iniziale, la squadra guidata da Simone Inzaghi si è trasformata in un rullo compressore, totalizzando la bellezza di 46 punti e soprattutto esprimendo un calcio da far impallidire anche il più duro tra gli esteti nostrani. Un calcio totale dunque, dove tutti hanno adempito divinamente al proprio ruolo, ma ce n’è uno che più di tutti forse è finito sotto i riflettori: Hakan Calhanoglu.
Diciamoci la verità, con l’eccezione di Inzaghi (che l’ha richiesto a gran voce in estate), tutti noi eravamo un po’ scettici quando il suo approdo nella Milano campione d’Italia è diventato ufficiale. Questo probabilmente perché avevamo negli occhi il Calhanoglu in versione rossonera, ovvero un giocatore dotato di indubbie qualità tecniche e balistiche, ma anche tremendamente incostante, fino a diventare un vero e proprio fantasma in alcune apparizioni con gli ex campioni d’inverno.
All’Inter la storia si stava ripetendo: un avvio eccezionale seguito da un mese con poche luci e tante ombre. Superata la fase di ambientamento e di inserimento nei nuovi schemi, il numero 20 nerazzurro si è trasformato in un centrocampista totale, in grado di coprire egregiamente ogni zona del campo, e soprattutto si è trasformato in una macchina da gol e assist.
Alcuni, soprattutto tra gli addetti ai lavori vicini ai cugini, hanno giustificato questa evoluzione con il cambio di ruolo (da trequartista con Pioli a mezzala con Inzaghi), ma a chi scrive questa spiegazione sembra troppo superficiale, anche perché nel Milan il buon Calha ha ricoperto a turno tutte le zone del centrocampo, senza differenze tangibili.
Inoltre, nell’Inter il suo ruolo non è minimamente quello di una mezzala classica, perché lo ritrovi praticamente ovunque: a volte in cabina di regia al posto di Brozovic, a volte allineato in difesa per impostare l’azione, e altre volte sulla trequarti per finalizzare o per innescare i compagni dell’attacco. Un vero e proprio tuttocampista, che fa sempre la scelta migliore in base al momento.
Forse la vera differenza con la sua vecchia versione è la determinazione che mette sul terreno di gioco. Negli ultimi due mesi ha sempre mantenuto livelli di concentrazione altissimi, e quando lotti per vincere è questo che fa realmente la differenza. Potremmo continuare ad indagare le ragioni di questa trasformazione, ragionando ad esempio sulla caratura tecnica dei nuovi compagni di squadra, ma al momento sembra superfluo: l’unica cosa che conta e che l’Inter abbia trovato con Calhanoglu il tassello mancante per riscostruire una squadra tecnicamente attrezzata per imporsi nella lotta al titolo.