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Inter, Vittorio Sereni, San Siro metafora del tempo

Inter Sereni San Siro – Quanti modi ci sono di guardare uno stadio?

Quello del tifoso che lo considera come casa sua, un legame affettivo che spesso rimanda alla mano del papà che aiutava a salire le rampe o le scale di quel gigante conosciuto prima solo dai racconti di amici o familiari che instillano nel giovane il senso dell’ attesa che si trasforma in meraviglia quando per la prima volta la vista si apre sul terreno contornato dalle tribune.

Quello dell’agnostico che non sa, non vuole sapere, spesso si rifiuta di sapere. Lui non guarda lo stadio perchè guardare significa attivare l’attenzione che suscita ragionamento dunque una qualsiasi emozione, negativa o positiva che sia. Semplicemente lo vede, così come vede tante altre inutilità del mondo che lo circonda, scivola come acqua sulla sua pelle.

Infine quello dell’intellettuale, del poeta, dell’uomo che vive anche di simboli da trasformare in pensieri per scrutare l’animo umano, per descrivere il passato, per immaginare il futuro. Visuale poco conosciuta e tanto più appassionante ai nostri occhi se il letterato è un tifoso dell'Inter conclamato  come Vittorio Sereni che riflette sul “suo” stadio nel giorno del suo compleanno, il 27 luglio.

A fine luglio quando

da sotto le pergole di un bar di San Siro

tra cancellate e fornici si intravede

un qualche spicchio dello stadio assolato

quando trasecola il gran catino vuoto

a specchio del tempo sperperato e pare

che proprio lì venga a morire un anno

e non si sa che altro un altro anno prepari

passiamola questa soglia una volta di più

sol che regga a quei marosi di città il tuo cuore

e un’ardesia propaghi il colore dell’estate. 

Lo stadio per Sereni diventa un luogo fortemente simbolico soprattutto dopo  quando, nell’ottobre del 1967,  va ad abitare in via Paravia, vicina all’impianto sportivo. In quel giorno di fine luglio San Siro è solo un catino assolato, vuoto dopo la fine campionato ed in attesa torneo che verrà, metafora del tempo che passa. Sereni lo osserva al riparo delle pergole di un bar, terreno per eccellenza di condivisione  e socializzazione di persone e pensieri. Dalla realtà dello stadio, del luogo di incontro, del compleanno la riflessione di Sereni  si sposta immediatamente alla meditazione sul senso del tempo. Lo stadio vuoto come immagine del tempo sprecato mentre un altro anno se ne va, la soglia da passare ancora una volta non è più  quella delle cancellate di San Siro  ma quella della vita che scorre in mezzo ai marosi che turbano l’animo del poeta.

L’immagine di San Siro  è continua e coerente nel percorso poetico di Sereni. L’immagine del gigante d’ardesia nel giorno del suo compleanno riporta allo stato di attesa angosciosa già vista nella parte finale di “Domenica sportiva” (LINK) e chiude una riflessione iniziata fin dal 1964 nello scritto più completo e rappresentativo dell’importanza dell’Inter nel suo percorso poetico, “Il fantasma nerazzurro”.

Qui compare per la prima volta il contrasto tra il luogo che ribolle di persone e del loro entusiasmo durante la partita e la rappresentazione della solitudine data dagli spalti vuoti, “il quadro non sarebbe completo se tralasciassi l’istantaneità con cui tutta questa febbre – almeno per quanto mi riguarda – si spegne per far posto a un senso amaro di vacuità e quasi di rimorso non appena le gradinate si svuotano e l’enorme catino ormai silenzioso è l’immagine stessa dello sperpero del tempo”.

“Il fantasma nerazzurro” sarà l’argomento del prossimo articolo su Vittorio Sereni