Inter news – Se c’era un modo “interista” per cercare di perdere uno scudetto l’Inter di Inzaghi lo trovato.
Una partita attesa da quattro mesi, da molti inconsapevolmente data per vinta durante tutto questo tempo, iniziata con il gioiello di Perisic che stava convincendo tutti che l’autostrada per la seconda stella era spalancata.
20 minuti da grande squadra, un paio di occasioni da gol senza riuscire a trovare il colpo del KO, dopo di che i ragazzi di Inzaghi si sono sentiti appagati e vincenti, hanno alzato il piede dall’acceleratore e pensato di “gestire” fino al 90mo. Presunzione letale, simile a quella di quando l’Inter di Inzaghi aveva 5 punti vantaggio sulla concorrenza e si era sentito il campionato già in tasca, salvo da lì in poi riuscire nell’impresa di fare 7 punti in 7 partite.
Il gol di Arnautovic è arrivato come una doccia fredda, oggi tutti parlano della sua abilità di andare a cercare la posizione di Dimarco per sovrastarlo fisicamente ma la domanda da farsi è un’altra: sull’austriaco doveva esserci De Vrij, dov’era l’olandese?
Da lì in poi restavano circa 60 minuti per rimettere le cose al loro posto, sarebbero serviti e forse bastati pazienza, lucidità, consapevolezza delle proprie forse, una squadra matura reagisce così. E’ successo l’esatto contrario, nervi a fior di pelle, paura, l’angoscia di vedere l’obbiettivo allontanarsi minuto dopo minuto, tutti, ad iniziare da Inzaghi. 60 minuti in cui si è avvertita come non mai l’assenza di leadership, di quelle caratteristiche umane, psicologiche prima che tecniche per le quali i due/tre giocatori di riferimento si caricano la squadra sulle spalle per portarla fuori dal guado. Valori che non si comprano al mercato, valori di solito rinvenibili nel nocciolo duro degli anziani ma nell’Inter non funziona così. Solo Skriniar dimostra nei fatti e con i comportamenti di essere leader ma non è sufficiente, la crisi isterica di Barella al momento della sostituzione parla di quanto debba crescere ancora magari togliendosi dalla testa strane idee di intoccabilità, Brozovic e Perisic tanta qualità ma non sono mai stati cuor di leone.
Il pari avrebbe lasciato l’amaro in bocca ma sarebbe almeno stato utile a mettere comunque pressione al Milan. Poi è arrivato Radu con il suo errore inconcepibile, il masochismo cosmico dell’Inter che si materializza nel momento topico della stagione, il contrappasso per gli sprazzi di felicità vissuta negli ultimi 12 mesi. Radu come Giuliano Sarti, come Gresko, gente che resta nella storia nerazzurra marchiata dal sigillo della disperazione per l’errore sanguinoso in una sconfitta decisiva.
La disperazione del portiere a fine partita segna un altro momento da fotografare: le sue lacrime dovevano essere difese, coperte dai compagni. Solo l’ultimo arrivato, Dumfries, ha sentito il dovere di questo gesto di solidarietà umana e cameratesca nei confronti del compagno. Handanovic è stato visto sfilare alle sue spalle come se niente fosse successo. Magari lo avrà fatto nello spogliatoio ma un capitano deve sapersi fare carico anche di questi momenti altrimenti ha ragione chi celebra l’abbraccio di Maldini a Pioli come esempio di unità di ferro del gruppo. Tutti elementi che serviranno a tirare i conti a fine stagione.
Adesso resta solo un interrogativo, quale sarà la reazione del gruppo nelle ultime 4, niente è ancora perso fino a che la matematica non sentenzia, la fiammella della speranza resta viva, gli inciampi sono all’ordine nel giorno per tutti in un campionato senza padroni. Si può perdere un campionato in mille modi, lottando fino all’ultimo minuto o mollando baracca e burattini lasciando campo libero alla concorrenza. Anche da questo si vedrà chi è da Inter e chi no.
Conclusione amara: se il Milan vincerà lo scudetto l’errore di Radu diventerà l’immagine simbolo di una stagione strana ma scaricare tutte le colpe sulle sue spalle sarebbe ingiusto e riduttivo. Lo scudetto lo avranno perso anche gli altri in campo a Bologna, tutti, lo scudetto lo avranno perso anche e soprattutto i 15 che sono riusciti a fare 7 punti in 7 giornate, tutti. Allenatore compreso, società compresa.