Inter, 30 minuti da ricordare, un’assenza da ricoprire
(Inter News) E’ andata come era prevedibile, Santa Rita e il 22 maggio non hanno fatto il miracolo. La squadra di Inzaghi ha fatto il suo con la Samp, il Sassuolo ha fatto quel che si temeva, chapeau al Milan Campione d’ Italia e un arrivederci a metà agosto per la nuova avventura.
30 minuti da portare con sè
Chapeau soprattutto alla gente di San Siro, alla enorme manifestazione d’affetto tributata ai nerazzurri dopo la partita. Facile a farsi dopo uno scudetto vinto, un po’ meno dopo averlo perso. La grandezza e la bellezza dell’Interismo è soprattutto in questo, difficile da capire per chi non ama questi colori. 30 minuti che possono restare un bel ricordo e nient’altro oppure diventare il fondamento più importante per il futuro. I giocatori portino con sé l’immagine di quei 30 minuti quando saranno in ferie, durante la preparazione per la prossima stagione, li portino con sé tutte le volte in cui si ritroveranno per una grigliata o davanti ad un contratto da firmare. Romanticismo di un vecchio tifoso abituato ad un altro calcio? Forse si, ma prima che calciatori sono uomini anche loro, magari con il conto in banca diverso dal nostro ma con la stessa emotività, chi ha vissuto quei 30 minuti deve sentirsi un privilegiato, metabolizzare che quella dimostrazione d’ affetto implica responsabilità e chiede un ritorno in termini di serietà di comportamenti, sempre, comunque e dovunque, in campo e fuori.
Tanti ai saluti
Da domani molti lasceranno l’Inter, qualcuno a malincuore, Ranocchia su tutti, capitano in una stagione sfortunata, criticato ed irriso poi riscoperto come anima vera dello spogliatoio. Molti di coloro che oggi lo salutano affranti sanno di versare lacrime di coccodrillo, il calcio è anche questo, prendere o lasciare.
Dovrebbero salutare (il condizionale è sempre d’obbligo) Kolarov, Caicedo, Vidal. Gente che non ha dato niente all’Inter, gente che in altre epoche non avrebbe mai avuto il privilegio di vestire la maglia nerazzurra. E poi Vecino e Sanchez, che hanno segnato momenti e gol indimenticabili ma senza garantire la continuità necessaria per permettere alla squadra di avere rotazioni all’altezza delle sfide.
All’Inter Uomini prima che giocatori
Chi arriverà? I nomi sono tutti lì sul tappeto, lascio a voi la scelta. L’importante è soprattutto che arrivino Uomini (U maiscola non a caso) prima che giocatori. I valori umani, di condivisione, di appartenenza contano almeno quanto il talento nei piedi. Un esempio su tutti ? Skriniar non è nato nell’Inter ma se oggi è quel che è lo deve soprattutto alla sua forza interiore, al fatto di sentirsi uno dei leader di questo gruppo, al fatto di conoscere le responsabilità che gli competono e di non tirarsi indietro quando c’è da metterci la faccia. Si è leader per questo, soprattutto per questo.
Una figura da riscoprire
E da parte mia spero che arrivi un personaggio che secondo è mancato molto quest’anno. La figura di Lele Oriali nella gestione di Antonio Conte era stata di straordinaria importanza, lui era il facilitatore, il controllore degli umori, il fratello maggiore cui appoggiarsi nei momenti difficili, il trait d’union prefetto con la società per smussare angoli e creare le condizioni più favorevoli per chi la domenica doveva fare il suo dovere in campo. Aver rinunciato al Team Manager è stata a mio avviso una scelta sbagliata, soprattutto in relazione alla scelta di Simone Inzaghi. Allenatore giovane, non avvezzo agli spogliatoi di club con grandi aspettative, ambienti storicamente mai facili come i corridoi della Pinetina e di San Siro. La presenza di un interista esperto, autorevole per palmares nerazzurro e per capacità di relazioni umane avrebbe giovato assai all’opera del nuovo tecnico. Chiunque fosse stato scelto avrebbe potuto fungere da apripista prezioso all’inizio, consigliere in panchina, uomo di fiducia in collaborazione continua con il mister. L’ingaggio è ridotto, l’importanza di questa figura strategica, l’invito alla società a rimediare parte da qui.