Inter, Sacchi non cambia la considerazione sui nerazzurri neanche dopo la vittoria contro il Napoli.
Al Corriere della Sera l’ex allenatore conferma le sue tesi ormai storiche sui nerazzurri. In primis ha parlato del Napoli nel quale ha visto giocatori che non sembravano quelli ammirati fino a novembre, su tutti Kvaratskhelia. Spalletti comunque per lui non deve minimamente allarmarsi. Non si tratta di una catastrofe la sconfitta di Milano, ma deve ritrovare presto la mentalità vincente, entusiasmo e quel brillantissimo gioco mostrato fino alla sosta.
Inter, per Sacchi manca il gioco e la squadra pensa solo a non prenderle. Grosse critiche al tutto il calcio italiano.
Per quanto riguarda l’Inter Sacchi non ha dubbi. La squadra di Inzaghi ha giocato la sua partita pensando prima a “non prenderle”. In particolare ritiene che la squadra nerazzurra abbia difeso con tutti e attaccato con pochi, anche se è stata più pericolosa dei partenopei.
L’ex allenatore di Milan e Atletico Madrid ritiene che l’Inter abbia una grande rosa con un attacco che vede Lukaku e Dzeko e i “subentranti” di alto valore. Però ritiene che la squadra deve essere un collettivo in cui tutti praticano l’aspetto offensivo e quello difensivo, uniti in un filo invisibile che è il gioco. Cosa che evidentemente secondo lui latita nell’Inter, ma non solo. In Italia le squadre che praticano questo tipo di gioco sarebbero davvero poche.
Alla domanda se probabilmente questo gioco che lui imputa all’Inter sia colpa di Lukaku, Sacchi ha risposto di vedere il belga muoversi come non si era mai mosso e sicuramente migliorerà. Ritiene che il problema sia proprio filosofico in quanto i fondatori del football lo avevano pensato come offensivo mentre in Italia si è ribaltato tale presupposto trasformandolo in individuale e difensivo. Seppur quest’atteggiamento ci ha permesso di vincere qualcosa, ritiene che non lo si è mai fatto pensando di essere i più bravi.
Poi confessa cosa gli disse Plebe sul calcio italiano “Avete buoni giocatori, ma non giocano mai al calcio”. E lui sottoscrive appena perché da noi il calcio non è coraggio, non è bellezza. Due cose fondamentali senza le quali non c’è innovazione.