Inter, Robin Gosens analizza il suo momento da quando è arrivato a Milano. L’esterno tedesco, in una lunga intervista a SZ, si è concentrato molto su alcuni punti, tra cui la sua carriera ed il suo rendimento in campo e il recente grande traguardo della laurea conseguita in psicologia. Di seguito, ecco l’ultima parte dell’intervista.
Sul calo di prestazioni avuto da quando è all’Inter: “La mia carriera prima sembrava una favola: procedeva sempre più in alto, sono stato lodato a livelli altissimi. Ero in cielo. Di colpo all’Atalanta ero il terzino sinistro più pericoloso in attacco d’Europa. Titolare all’Europeo. Poi è arrivato l’infortunio con la ricaduta dopo la prima riabilitazione. Dopo il passaggio all’Inter non giocavo. E di colpo sembrava solo che si fosse trattato di una breve gita sulla cima del mondo. Di colpo non sei nessuno. Tutti pensavano: Gosens? Quello non esiste più. Vivere tutto questo nel giro di un anno, quella è stata una cosa pesante. Quello che ho imparato? Sei bravo solo nella misura dell’ultima partita che hai giocato. Il calcio non ha nessuna memoria. Se intendo nella percezione pubblica o sul mercato? In entrambe le situazioni. Non si scrive più costantemente che sei forte se non sei più forte. In questo senso anche i club non hanno memoria. All’Inter ho dovuto ricominciare da zero e dimostrare le mie qualità. Sì è vero che era così anche prima. Forse dovevo comunque impararlo di nuovo. Mi ha sicuramente sorpreso quanto velocemente si passi da essere un eroe a mister Nessuno. Commenti dei tifosi sui social, offese che non ripeterò qui, tutto questo mi ha toccato. Se li leggo? Sono ancora alla ricerca del giusto equilibrio: non leggerne troppi e non prendermela troppo, sia dopo le partite buone che dopo quelle cattive. Preferisco dirmi: quello che è stato è stato, domani mattina alle 10 sono di nuovo in palestra per provare a lavorare su di me. Entrambe le cose sono insane: dubitare di se stessi dopo tre prestazioni sbagliate e pensare di essere un re dopo tre prestazioni buone e di potersi permettere tutto”.
Sul recente traguardo della laurea in psicologia: “Qualche giorno fa ho condiviso il fatto di essermi laureato in psicologia. La maggior parte delle reazioni? Positive. Ma tanta gente mi ha anche scritto: “Le università a distanza sono considerate di un livello più basso, non hai fatto niente di speciale, che cosa ci vuoi fare con questa laurea? Allora penso: “Ma che cosa vi succede?”. E mi agito per il fatto che queste reazioni mi agitino. Gli studi di psicologia mi hanno aiutato come calciatore? Sì, soprattutto nei periodi brutti. Ma ancor di più nell’interagire con le altre persone. Adesso cerco di comprendere i miei compagni anche su un piano diverso. Suona banale: se vedo che per più giorni in allenamento un compagno non riesce a mettere in campo quello che di solito ci si aspetta da lui, allora forse c’è un motivo per questo. Allora cerco di prendermi del tempo per parlargli. Non faccio grandi annunci. Ma forse dopo so perché non riusciva a correre quel metro in più e non me la prendo. Europeo del 2024? Mi devo riprendere il mio posto, sono tra quelli che deve inseguire. Voglio esserci a tutti i costi all’Europeo. In qualità di titolare dell’Inter, che spero di essere, posso – credo – avere giustificate speranze. Dovrei almeno essere un serio candidato, questo obiettivo ce l’ho. La Nazionale rimane per me il massimo del sentimento. Se ho pensato che passare all’Inter sia stato un errore? No, neanche per un secondo. Io penso che si cresca quando si lascia la propria zona di comfort, che sia nel calcio o a livello personale. L’ho sempre vista come una sfida, superare le resistenze, lottare per un posto nella squadra. So che otterrò molto quando questo succederà. E piano piano raccolgo i frutti. Da inizio gennaio il mio minutaggio è aumentato. E adesso sinceramente: un errore passare all’Inter? Gioco in una delle società più grandi d’Europa! Siamo tra le otto migliori squadre d’Europa!”