Ex Inter, Materazzi parla a tutto tondo. Un giocatore che ha lasciato uno splendido ricordo in maglia nerazzurra e della Nazionale quanto a generosità e grinta. Un giocatore che è riuscito a vincere tutto. Marco Materazzi rappresenta uno dei totem della storia recente dell’Inter. Il suo attaccamento alla maglia ed il suo non mollare mai di un centimetro, è stato sempre riconosciuto dai tifosi.
Intanto, intervistato all’interno del podcast Italian Football Tv, l’ex difensore ha parlato di tantissimi temi, dalla sua esperienza all’Inter fino alla vittoria del Mondiale con la Nazionale. Ecco le sue parole.
Sulla Juventus: “La rispetto ma sportivamente odio la Juventus. Io c’ero a Cardiff e a Berlino quando persero: il mio cuore batteva fortissimo, se avessero vinto sarebbe stato brutto”.
Sulle italiane in Champions: “Spero possiamo vincere: ora le italiane sono ai quarti e tutto può succedere. Il Benfica non è facile, è in un buon momento e in Portogallo fanno calcio. La Champions è la Champions, ma io credo in San Siro, lì l’atmosfera è bellissima. L’Inter? Ha perso dieci partite, non è normale: ma San Siro è San Siro. Il problema secondo me è la regola diversa: oggi se segui fuori non vale doppio, per le italiane non è facile. Quando noi andiamo fuori, facciamo un gol e gestiamo: non è facile”.
Sul calciatore che gli somiglia di più: “Bastoni: è bello, è interista. Ha un solo problema: non segna molto. Io in 35 partite facevo almeno 5 gol, altrimenti per me era una stagione negativa”.
Sui rigori in finale del Mondiale del 2006: “Io amo l’adrenalina, la pressione. In finale la palla era pesantissima, pesava 10 kg. Solo in due rigori ho pensato a dove tirare: in quello e in Perugia-Torino negli spareggi. Quando ero piccolo il mio allenatore mi diceva di tirare il rigore tra il palo e il paletto, è sempre gol. Io sono stato fortunato perché il portiere era piccolo, Barthez è grosso ma piccolo: tra il palo e il paletto non l’avrebbe mai presa. Non è stato facile perché la mia idea era: se un difensore segna nella partita, sbaglia il rigore, è successo tante volte. Quei 40 metri sono stati lunghissimi. Misi il pallone a terra e l’arbitro mi disse che era nella posizione sbagliata: tutto lo stadio fischiava, dietro la porta c’erano i francesi. Quando segnai dissi che non li sentivi. Non si può descrivere l’emozione: la gente pensa che il mio gol già importante è stato in finale, ma è stato quello con la Repubblica Ceca. Non è stato facile sostituire Nesta, nel 2002 eravamo usciti presto e la gente diceva che non giocavo bene. In Nazionale devi partire da zero in ogni partita: nel club c’è fiducia, tutti lavorano per il club, in Nazionale devi resettare. Il gol con la Repubblica Ceca è stato importante perché così non abbiamo giocato col Brasile”.
Sulla testata di Zidane: “Non credo, non sarebbe cambiato niente. Cos’è successo con lui? Sapete cos’è il trash talking, ma il mio è stato niente: lui mi offrì la sua maglia, io gli dissi che preferivo sua sorella. In quel momento non sentii niente perché ero leggero, non me l’aspettavo: se fossi stato in tensione, avrei avuto problemi. Non me l’aspettavo, è stata una pazzia. I giornali mi distrussero, i tabloid a Londra scrissero che io dissi parole davvero brutte: ma io ho vinto contro di loro in tribunale per diffamazione. Quel giornalista era ubriaco. Non ho mai pensato “wow” dopo il rosso, ma quando ero a terra dopo la testata, se non gli avesse dato il rosso non mi sarei mai più alzato: ci sarebbe voluto l’elicottero. Nessuno vide, ma il quarto uomo sì”.
Un aneddoto dopo la vittoria del Mondiale: “Io non bevo birra, ma nello spogliatoio io ne bevvi 2-3. Poi arrivò il presidente Napolitano e io gliela spruzzai addosso. Si incazzò ma non so perché: pensava che lo spogliatoio fosse come una chiesa. Io ubriaco? Un pochino, ero felice”.
Sul Triplete con l’Inter: “Quando arrivò Mourinho, cambio la mentalità. Eravamo la miglior squadra d’Italia: io ho giocato coi migliori, Batistuta, Ronaldo, Vieri, Veron, Crespo, Zanetti, Samuel, Lucio, Julio Cesar, Stankovic. Non puoi perdere con questi. Ma non riuscivamo a fare quello step per vincere la Champions League: devi essere fortunato, devi gestire i dettagli. Vincemmo la Coppa Italia a Roma con la Roma, eravamo 60mila loro e 20mila noi, non fu facile. Con Mourinho giocai sempre in Coppa Italia, lui credeva in me e lo sapevo: potevo lottare coi leoni perché ero in fiducia. Poi a Siena, se avessimo pareggiato non avremmo vinto il campionato e il Triplete: Lucio non stava bene e giocai io. E vincemmo grazie a Milito. A Barcellona quando Ibra uscì ed entrò Boia, giocò Cordoba: Mourinho dopo la partita mi scrisse che giocò Cordoba perché Bojan era piccolo veloce. Ma 20 giorni prima di Madrid mi disse che sarei entrato sul 2-0. Come fai a non avere fiducia in lui? Io davo il 200% per lui, c’era un’alchimia speciale. Io giocai 30 secondi a Madrid, ma mi diede l’opportunità di esserci nella finale del Triplete”.
Su Mourinho: “Empatia. Quando arrivò, tutti avevano paura. Nel primo allenamento ci disse che era uno di noi, non il campo: questo creo empatia. Non servono regole per vincere, lui sa gestire i campioni: arrivavi al campo in fiducia. E’ simile a Lippi, entrambi creano empatia. Al Mondiale ero riserva di Cannavaro e Nesta, ma pensavo di poter giocarle tutte perché Lippi credeva in me: nelle qualifiche in Slovenia non giocai una partita, lui mi disse che avrei giocato con la Russia. Ma se avessimo vinto con la Slovenia, saremmo stati qualificati, altrimenti no e dovevamo giocarcela mercoledì: noi perdemmo e io pensai che non avrei giocato, che avrebbe giocato Cannavaro perché era il capitano. Arrivammo mercoledì a Parma e giocai io e non Cannavaro. Lui credeva in me. Mourinho era speciale, sapeva i nomi di tutti i nostri figli e delle nostre mogli. Nessun altro l’ha mai fatto con me. Per me non era una sorpresa, ma per mia moglie sì: quando la incontrò le disse “ciao Daniela”. Il saluto con abbraccio a Madrid? Ero triste, gli dissi “vaffanculo” perché mi lasciava con Benitez (ride, ndr). Avremmo vinto ancora lo scudetto di sicuro con lui, la Champions è dettagli: ma con lui ne avremmo vinto almeno un altro di scudetto. Due settimane prima di quella scena io andavo ogni giorno nel suo ufficio a dirgli che non sarebbe dovuto andare via, che avremmo vinto ancora: lui non mi guardò mai negli occhi perché sapeva. Probabilmente se avessimo perso a Madrid, lui sarebbe rimasto. Forse, non sono sicuro. Se gli dissi di portarmi con lui? No no, io volevo restare all’Inter”.
Su cinque giocatori che schiererebbe in campo: “Julio Cesar: Buffon è grande, ma coi piedi non va bene (ride, ndr). Cambiasso, Karagounis, me stesso e Ronaldo il Fenomeno. E anche Messi. Ronaldo è il migliore di sempre. Io gli dissi: “Se mai giocheremo contro, io non conosco le tue finte, vado dritto su di te””.