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Inter, Marotta dice tutto: le parole Thuram, Frattesi e Scamacca. E su un possibile ritorno di Onana…

Giuseppe Marotta Inter

Inter, Marotta dice tutto. Presente al Festival dello Sport di Trento, l’amministratore delegato nerazzurro, Beppe Marotta, ha parlato di tanti aspetti inerenti al mondo nerazzurro. Tra questi, alcune parole su chi è andato via, come Onana, su chi sarebbe potuto arrivare in estate e su chi, invece, ha deciso di vestire la maglia nerazzurra. Ecco le parole di Marotta.

Su questa Inter figlia di Istanbul: “Sì, sono arrivati dodici nuovi giocatori e ci può essere qualche problema di amalgama, ma abbiamo portato profili vicini al modello di riferimento. Abbiamo creato poi uno zoccolo duro di italiani, stasera ci saranno sei interisti con l’Italia. Aver creato questa base facilita il compito per i nuovi di capire cosa vuol dire giocare nell’Inter e in Italia, dove puoi andare in difficoltà con squadre come il Sassuolo”.

Su un possibile ritorno di Onana: “Il futuro non riesco a percepirlo, ma nel calcio ci sta tutto. Però i cavalli di ritorno a volte hanno reso bene a volte meno. Sicuramente è stata un’esperienza importante per lui e per noi, non ultima l’operazione compiuta economicamente”.

Sull’arrivo di Thuram: “La decisione importante è quella del calciatore, è stato lui il protagonista decidendo di venire all’Inter nonostante altre offerte. Questo è significativo del fatto che il senso di appartenenza è decisivo: ha ponderato i valori, lo spazio in campo. Il ruolo del papà, poi, ha influito. Però come Thuram ci sono altri casi; l’Inter è tornata appetibile, abbiamo ricevuto tante proposte da tanti giocatori non solo italiani. Vuol dire che stiamo cercando di tornare l’Inter diuna volta”.

Su Frattesi: “Il vantaggio rappresentato da me è il buon rapporto con Carnevali. Ma la segnalazione è arrivata dall’area tecnica, poi ognuno mette a disposizione le proprie doti. Il giocatore si è messo a disposizione per venire all’Inter, la proprietà ha dato disco verde per l’investimento e abbiamo fatto quest’operazione. Sono tante le componenti, anche mogli e fidanzate”.

Su Scamacca: “Abbiamo intavolato una trattativa, poi lui ha scelto l’Atalanta perché magari ha ritenuto che lì poteva avere più spazio. Lì ci siamo ritirati noi”.

Sull’operazione Pogba: “Amo lo sport e il calcio in generale, l’acquisto è coinciso con prestazioni eccellenti da parte sua e vittorie. Vederlo arrivare tra i giovani e diventare protagonista concilia col mio stato d’animo. La seconda è qualcosa di meno emozionante moralmente, ma è stata un’operazione straordinaria; lo abbiamo venduto alla stessa società, è stato clamoroso. Mi lusinga ma sottolinea l’importanza del lavoro del team di allora. Ricordo Mino Raiola, il suo procuratore, che era una persona burbera ma molto professionale”.

Su una carriera in politica: “Non potrei mai dimenticare di essere un protagonista del calcio, poi nella vita devi avere a momenti visioni diverse. Mi sento appagato professionalmente, anche se è mancato il fiore all’occhiello della Champions però magari c’è ancora tempo per arrivarci. Ho dato poco e ricevuto tanto, cerco di dare ancora con la crescita dei ragazzi; sento di dover restituire quello che ho ricevuto. Il passaggio successivo, ovvero entrare nel calcio come fenomeno sociale occupandomene da tecnico, mettendo a disposizione la mia esperienza è un atto doveroso per trasmettere a nuove generazioni i valori dello sport come palestra della vita e fenomeno di aggregazione; così va vissuto”.

Sul calcioscommesse: “La scommessa è un vizio umano, che va combattuto sul piano etico. Il calciatore è uno sportivo particolare, che diventa ricco all’improvviso e non dedica tanto tempo all’attività agonistica. Gli spazi vuoti, che sono tanti, vanno riempiti con cose positive; i giovani vanno aiutati a crescere, la classe dirigenziale che siano club, associazioni o dirigenti, è mancata e manca ancora. Ho assistito al Totonero nel 1980, siamo nel 2023 e si ripetono ancora le stesse cose. Manca la matrice che ti aiuta a prevenire queste cose, sta a noi cercare di farlo ma forse lo stiamo facendo male e i ragazzi scivolano su queste situazioni che non portano nulla di positivo a ragazzi fortunati che però rischiano grandi danni”.

Su Sandro Ciotti ed Enrico Ameri: “Il calcio genera emozioni, il regalo della mia promozione in prima media fu una radio che portavo all’oratorio per sentire le partite. Era un calcio romantico che non esiste più, c’era la contemporaneità delle partite”.

Su Allegri e Conte: “Il comune denominatore è che sono due vincenti, questa è una caratteristica importante che un tecnico deve avere. Esistono tecnici vincenti e quelli ‘sfigati’, che lottano per retrocedere. Ho vissuto due esperienze bellissime con entrambi, con Conte ancora più bella perché vincere con l’Inter è stato qualcosa di straordinario. Mi hanno regalato grandi emozioni”.

Sull’inizio di carriera a 19 anni: “C’è un motivo: ho avuto la consapevolezza di non poter fare carriera come calciatore, ma avevo questo sogno di diventare dirigente che nasceva da una visione da grandicello rispetto alla mia età. Il calcio per me rappresentava una passione, l’essere dirigente era motivo per trovare un lavoro. Se da una parte vivo il calcio come passione, l’obiettivo di diventare dirigente era legato alla volontà di trovare una professione”.

Sul riconoscersi in questo calcio: “Un atto di intelligenza è adeguarsi ai tempi. Rispetto al calcio di Ciotti, Ameri e Umberto Saba siamo davanti a qualcosa di nuovo, ad un mondo globalizzato e col concetto di innovazione che fa emergere realtà nuove come algoritmi, intelligenza ufficiale. Tutte realtà che cominciano  a essere già proposte a noi, quindi bisogna adeguarsi. Bisogna prendere atto di questo cambiamento cercando di sfruttare al meglio le potenzialità. Mettendo però sempre al centro l’uomo con la sua intelligenza e i suoi valori”.

Sul colpo di mercato che lo ha impressionato di più: “Jude Bellingham al Real Madrid, giocatore fortissimo venduto a tanto e che rappresenta presente e futuro. Così come il rammarico è quello di non aver preso Erling Haaland quando era ragazzino, per questioni di budget non riuscimmo a prenderlo”.

Sul colpo più bello di sempre: “Ci sono le proporzioni… Non ne ho una in particolare, dipende dalle opportunità che si presentano. Ritengo che la capacità di un manager sia quella di costruire una squadra con uno staff composto da direttore sportivo e scout che ti faranno fare colpi importanti”.

Su dove si troverà l’Inter in classifica alla prossima sosta: “Meglio cacciatore che lepre in questo momento… A parte questo, sicuramente dobbiamo gestire un momento di stanchezza legata alla compressione di appuntamenti che si susseguono. Riteniamo però di avere una squadra competitiva e di qualità tale che Simone Inzaghi può gestirla come vuole. Tutti i giocatori sono utilizzabili senza rimpianti”.