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Marotta-Inter, le rivelazioni del dirigente: dal passaggio Spalletti-Conte fino al primo contatto con Zhang

Giuseppe Marotta

Marotta-Inter, il dirigente rivela tanti aspetti della sua carriera. Presente all’interno dell’evento Festival dello Sport di Trento, l’amministratore delegato Beppe Marotta ha parlato di tanti aspetti inerenti al mondo nerazzurro, ma non solo. Marotta si è anche espresso su un passaggio importante della storia interista recente come il passaggio da Luciano Spalletti ad Antonio Conte. Ecco le parole di Marotta.

Sulla preferenza tra scudetto e Champions: “Per la lotta allo Scudetto siamo altamente competitivi, come riscontro di valori emersi e oggettivi. Chiaro che vincere la Champions sarebbe una fonte di emozione, di gratificazione nei confronti di tutti gli interisti; non dobbiamo dimenticare il 2010. Sappiamo che è molto difficile, ma bisogna fare un distinguo: lo Scudetto lo vince chi arriva primo, è come una corsa a tappe tipo Giro d’Italia; in Champions League ci sono fattori che concorrono, non sempre la squadra più forte vince. Si può affrontare una squadra in un momento particolare, con qualche giocatore infortunato, oppure una squadra alla tua portata. Si può dire che sia più facile vincere la Champions che il campionato, dove vince il migliore. Quindi dico campionato”.

Sulla differenza tra il modello calcistico cinese e quello arabo: “Lo sport è qualcosa di universale, quindi è nel DNA dei popoli mondiali. Ci sta che nel corso della storia si verifichino episodi come questi: qualche anno fa i giocatori più avanti con gli anni, in prepensionamento andavano a fare esperienza in Cina, poi per motivi che non conosco bene il fenomeno si è chiuso in breve tempo. Ora c’è questo fenomeno arabo, che ha portato vantaggi economici ai club europei. Ma la valutazione va fatta nelle prossime due stagioni: sono arrivati tanti proventi, ma dal punto di vista di qualità e competitività i campionati rischiano di impoverirsi perché vanno a prendere giocatori nel pieno della carriera. E l’impoverimento rende il prodotto meno appetibile per i broadcaster”.

Sulla differenza tra vincere contro il Milan e contro la Juventus: “La vittoria dà sempre grande adrenalina. Sono due società importanti, dipende dai momenti. Vincere un derby importante vuol dire qualcosa in più”.

Su Mancini e Spalletti: “Sono rimasto amareggiato dalla scelta di Mancini, non immaginavo ci abbandonasse perché pensavo potesse continuare nel suo percorso di gestione della Nazionale. Allo stesso tempo ho accolto con soddisfazione la scelta di Spalletti come ct, l’ho detto anche a Gabriele Gravina. La scelta è molto positiva, l’ho visto molto carico come se fosse spinto da una missione. Lo ammiro nonostante abbia vissuto dei momenti critici, lo so perché fui tra quelli che proposero l’avvicendamento all’Inter. Ma il rapporto umano è un’altra cosa, la stima è grande”.

Sull’aver cambiato Spalletti per Conte: “Ho proposto il cambiamento perché era necessario in quel momento storico. Ma posso dire che il suo lavoro è stato propedeutico per l’arrivo dello Scudetto”.

Sul fatto che il monte ingaggi del 2018 sia lo stesso di quello attuale: “E’ stato corretto alla luce del cambiamento del modello di riferimento del calcio globale, dopo il Covid è stato introdotto un concetto che è quello della sostenibilità. L’equazione ‘chi più spende più vince’ non esiste in nessuno sport, ma allestire una squadra competitiva nell’ottica degli ingaggi è un fatto rilevante: un conto è cercare di non buttare via i soldi, ma un altro è non buttare via uno strumento importante perché bisogna considerare la competitività anche in ambito europeo dove ci sono disponibilità maggiori come in Premier League”.

Sul primo contatto con l’Inter: “Non dimenticherò mai quell’evento. Nello sport si vive di cicli, quando se ne chiude uno è qualcosa di fisiologico. Chiusa l’esperienza con la Juventus, la mattina successiva ho ricevuto un messaggio di Steven Zhang. Immaginavo fosse uno scherzo perché non avevo il suo numero, poi chiamai in causa Urbano Cairo vista la loro amicizia chiedendogli lumi. Dopo che mi ha confermato, si è creato un approccio che ha portato alla creazione del rapporto che mi ha dato la possibilità di tornare immediatamente in campo. E’ quell’adrenalina che ha ognuno di noi”.

Sul colpo più bello: “Bisogna rendere merito alla famiglia Zhang, spesso messa alla berlina ma che ha speso tanto per l’Inter. Non mettono pressioni, credono nel concetto di delega e ci hanno dato carta bianca. Voglio citare Piero Ausilio che negli ultimi anni ha avuto tante intuizioni, è inserito all’interno di uno staff che deve rendere al meglio per essere protagonista. Ricordo il colpo Mauro Icardi al Paris Saint-Germain per 50 milioni, così come i tanti parametri zero arrivati in entrata che ci hanno dato risposta positiva. La perfezione non esiste ma abbiamo cercato di costruire una squadra competitiva in base alle nostre disponibilità ma soprattutto seguendo concetti importanti come cultura della vittoria e senso di appartenenza. Sono concetti che valgono per qualunque sport”.

Su un rimpianto in carriera: “Fanno parte della vita, se non li avessimo saremmo macchine. Magari sono sinonimo di sconfitta, ma Nelson Mandela diceva: ‘O vinco o imparo’. La sconfitta può essere dire essere arrivati secondi su un giocatore. Ma è comunque un’esperienza che ti porti dentro, hai sbagliato qualcosa e da lì devi imparare. A Istanbul abbiamo imparato cosa vuol dire partecipare da protagonisti ad una Champions, tutti i ragazzi hanno imparato cosa serve per vincere un’eventuale nuova finale”.