Inter, Ausilio parla del suo rapporto con il club nerazzurro. Un dirigente che è a Milano e all’Inter da tantissimi anni. Un dirigente che dopo tantissime critiche ricevute in anni bui, sta raccogliendo quanto seminato. Il ds dei nerazzurri, Piero Ausilio, ha parlato ai microfoni di Radio Serie A di tanti aspetti, a cominciare dai suoi inizi e dal suo approdo tra il board nerazzurro. Ecco le parole di Ausilio.
Su Lautaro-Thuram: “Una bella coppia, ma parlerei di un bel quartetto. Oggi sono quelli che hanno la visibilità, ma abbiamo anche Arnautovic e Sanchez”.
Su come ha scoperto Thuram: “La prima volta che ne ho parlato in società fu dopo la cessione di Lukaku al Chelsea. Giocava esterno al BMG, non sapeva nemmeno di poter essere una prima punta. Venne preso Dzeko a zero ma ci mancava un altro attaccante per completare il reparto. Era il prescelto, ma s’infortunò. Avevo già parlato con il papà, con Marcus. Stava andando avanti la negoziazione anche grazie a Mino Raiola, uomo particolare ma uno dei migliori agenti con cui mi sono confrontato. Avevamo quasi definito tutto ma la domenica prima degli incontri definitivi si fece male e stette fuori qualche mese, per cui cambiammo obiettivo. Ma gli incontri con il papà furono la base. In questi giorni mi ha ricordato che sono stato il primo a dirgli che Marcus poteva fare la punta centrale. Avevamo un progetto finalizzato su di lui e ci siamo presi il vantaggio”.
Su Sommer-Onana: “Due portieri diversi ma avevamo bisogno di certezze perché avevamo deciso di cambiare anche riguardo a Handanovic. Approfitto per dire che Samir resterà a lavorare con noi, c’è un progetto per i prossimi due anni. Siamo voluti andare su qualcosa di certo, pronto da subito. Potevamo puntare su ragazzi più giovani e che potessero far patrimonializzare ma Sommer era quello di cui avevamo bisogno. Durante la negoziazione si era già preoccupato di parlare italiano per il linguaggio tecnico in campo”.
Sul fatto che il mercato sia cambiato: “Tantissimo. E’ cambiato anche il posizionamento dei club italiani. Possiamo fare investimenti ma senza follie, ci sono mercati nel mondo che hanno molte più possibilità e sentiamo questa competitività. Ora ci sono anche gli arabi. Però siamo bravi perché troviamo sempre situazioni più economiche o il giovane anticipando il mercato. Riusciamo anche a recuperare da questi club più forti giocatori che non si sono affermati o vengono da annate negative. In Inghilterra si trovano situazioni molto interessanti”.
Sugli agenti sempre alla ricerca di soldi: “E’ un discorso soggettivo. Non etichetto la categoria. Ci sono professionisti eccezionali tra gli agenti che lavorano per il bene dei calciatori e ci sono alcuni che sono interessati solo al proprio portafoglio e perdono di vista gli interessi più completi. Lavoro con tanti, ne ho conosciuti tantissimi. Ci sono alcune persone che considero meno e altri di cui mi fido di più e ascolto la segnalazione del calciatore. Anche questa è esperienza”.
Sul suo non essere mediatico: “Non è una scelta, mi piace essere così. Ci sono dei ruoli, la comunicazione nell’Inter non può essere quella del ds. Il mio lavoro è mercato, calciatori, appuntamenti. La comunicazione è più facile e più intelligente se la fa l’amministratore delegato che ha una visione a 360° del club e può parlare un po’ di tutto. Quando c’è l’opportunità accetto con piacere. Raccontarsi ogni tanto è bello”.
Sull’account fake di cui tanto si è parlato: “E’ stata estrapolata una frase ironica, ma se non la riporti nel contesto… Era una battuta fatta per un periodo particolare. L’account c’è ma non è vero che spiavo i giocatori via social”.
Sul prossimo sogno: “Una cosa non molto distante ma richiede tanto lavoro e continuità. Un sogno sportivo perché mi sento abbastanza realizzato. Mi piacerebbe la seconda stella. L’importante è lottare fino alla fine”.
Sulla Champions: “Sembravamo lontani dal vincere la finale prima di giocarla, invece ce la siamo giocata alla pari. Siamo ambiziosi, consapevoli che alcune realtà hanno una dimensione più grande ma si vende cara la pelle a tutti. Una grande soddisfazione è stata essere all’inizio dell’era Suning al 50° posto del ranking europeo. Oggi siamo settimi o ottavi. Forse questo ranking ci farà partecipare al Mondiale per club. Ora pensiamo a centrare la qualificazione agli ottavi di Champions”.
Sulle qualità di Inzaghi: “Genialità, umile, pigro… Una delle persone più simpatiche del mondo del calcio, ma ha delle sue routine e delle sue esigenze che non sposti con le cannonate. Ho visto tanti allenatori bravi, basta pensare a Spalletti e Conte, ma anche Pioli e Mancini. Ma lui è geniale, è giovane ed è arrivato giovane all’Inter. Ha talento, ha buon gusto per il calcio di qualità. La squadra sta bene insieme, ha creato il gruppo. I risultati non sono frutto solo della prestazione di squadra ma anche di aver voglia di arrivare in campo e condividere il lavoro. E’ stato molto bravo”.
Sull’aver considerato l’esonero di Inzaghi: “Mai. Perché non è nella cultura di Zhang e Marotta. Sapevamo che era un momento di difficoltà ma con la forza di stare assieme e spronare, dando la giusta attenzione alle situazioni che non andavano. Siamo stati bravi a venirne fuori e ricominciare con un cammino pazzesco fino ai trofei vinti e la finale di Champions League. L’esonero non è mai stato preso in considerazione”.
Su Zhang: “Penso ci sia un’idea diversa di quel che è. Non ha la cultura tecnica del calcio, ma è una grandissima cosa perché permette a dirigenti e allenatori di fare il suo mestiere. Ha grande passione, s’informa di tutto. Vede tutte le partite a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ci dà grande tranquillità e serenità. Anche quando abbiamo commesso errori non ha mai esasperato la situazione. Quella di Skriniar con un altro tipo di presidente avresti avuto atteggiamenti diversi. Lui ti dà subito l’idea di guardare oltre. La sua preoccupazione era chi mettevamo al suo posto. E’ un imprenditore, ha una visione ampia. Ti fa fare il tuo”.
Su quanto sia cambiata Milano: “Io ho sempre abitato in provincia, venivo a Milano per una serata o per lavoro. Oggi è una metropoli in continua evoluzione, una città viva e di grande attrazione per gli stranieri. Ogni tanto Milano ce la giochiamo coi calciatori, piace a loro e alle mogli dei calciatori perché offre tantissimo. Ti fa vivere bene la professione perché puoi andare in un ristorante a cena e ti lasciano tranquillo. Puoi fare un passeggiata senza essere aggredito dalla passione delle persone. Come tante città avremmo bisogno di maggiore sicurezza. Anche solo per una donna potersi permettere di camminare a qualsiasi ora della sera senza avere problemi”.