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Inter, Milito si racconta: dall’aneddoto su Mou alla verità post-Triplete. E su Lautaro…

Inter, Milito si racconta. Intervenuto ai microfoni di Dazn per la trasmissione Un’altra storia, Diego Milito ha raccontato tanti aneddoti della sua carriera, a partire dalla sua esperienza in nerazzurro, fino ad arrivare al racconto di singoli giocatori e allenatori. Ecco le parole di Milito.

Sui gol fatti: “Ho fatto tanti gol per fortuna. Alcuni hanno un’importanza che rimane per sempre nella storia personale e dei club. Far gol per un attaccante il massimo. Il secondo gol al Bayern? E’ una giocata che mi veniva naturale, quella sterzata. Mi è venuta bene in una partita importante. Sono quei gol che rimarranno per sempre in me e per l’Inter. E’ stata una stagione indimenticabile, abbiamo sofferto e a un certo punto perdevamo anche in campionato. E’ stato una sofferenza, Siena è stato un momento dove ci siamo tolti un peso importante perché stavamo rincorrendo lo scudetto per tutto l’anno e sembrava ci potesse sfuggire. Poi la Champions è stata la ciliegina sulla torta”.

Su Mourinho: “Non lo scopro io. Un allenatore stupendo, l’artefice di quel che abbiamo fatto. Un grande gestore dei momenti, sapeva perfettamente quando serviva la bastonata e quando la carezza. La finale di Madrid? Ci ha fatto rilassare. Il discorso più bello in realtà è stato a Barcellona, che era un po’ una finale anticipata. Un campo difficilissimo, con un bel vantaggio ma una gara tutta da giocare. Lui era sdraiato nello spogliatoio, noi con l’ansia. Era così perché il leader deve cercare di mostrare tranquillità nei momenti di ansia. Ci ha detto che quando aveva vinto la Champions col Porto il figlio era piccolo e non si ricordava, per cui di vincerne un’altra. Una volta in campo ci diceva che per noi la finale era un sogno e per il Barcellona un’ossessione ed era un po’ così il poter andare da catalani a vincere la Champions a Madrid. Se lo sento ancora? L’ho visto l’anno scorso, quando sono passato a Roma. Abbiamo una chat di gruppo e il legame continua”.

Sugli argentini nerazzurri: “Eravamo io, Walter, Cuchu, Pupi. Un gruppo bellissimo anche con tutti gli altri, Chivu, Stankovic, i brasiliani. Senza un gruppo così non raggiungi traguardi importanti”.

Su Thiago Motta: “Potevo aspettarmi diventasse così perché già in campo era un po’ un allenatore, oltre che un grande campione. Sta facendo un grandissimo percorso, ovviamente è giovane e ha margini di miglioramento ma arriverà a un grande club e farà molto bene”.

Sul post-Triplete: “Non è facile soprattutto se vieni da una stagione in cui vinci, abbiamo fatto fatica con Benitez e c’era anche il Mondiale nel 2010. In tanti siamo arrivati in ritardo e non abbiamo fatto la miglior preparazione possibile. Quando cominci così così diventa difficile reindirizzare la stagione anche se poi siamo arrivati secondi in campionato, ai quarti di Champions e abbiamo vinto la Coppa Italia. Emozionalmente il fatto anche che andasse via Mourinho era diverso non averlo in spogliatoio. Cambiare non è facile, però piano piano abbiamo chiuso anche quella stagione”.

Su Lautaro: “L’abbiamo visto tutti, parliamo di un top player. Credo abbia ancora tanto da dare, ha dimostrato il giocatore che è e non avevo dubbi arrivasse a questi livelli. Sa adattarsi ai compagni di reparto. Si è trovato benissimo con Lukaku e ora vediamo anche con Thuram. Mi auguro possano fare tantissimi gol entrambi. Sono felicissimo di vederlo dov’è in questo momento perché lo conosco da bambino. Mi ha sostituito al Racing il giorno del suo esordio, mi fa veramente molto piacere vederlo a questi livelli. Mi impressiona la testa, la voglia di continuare a crescere e raggiungere obiettivi. Questo ce l’hanno i grandi campioni, non si accontentano mai. L’anno scorso è arrivato in finale di Champions, ha vinto il Mondiale e dopo quel Mondiale sta facendo cose straordinarie. Lo vedo maturo. Sicuramente la fascia di capitano ti dà qualcosa in più, ma lui si sente importante nella squadra e nella società. Gioca come lo stiamo vedendo, è il punto di riferimento di questa Inter, che non può farne a meno. Io e lui in coppia? Io non riesco a giocare più nemmeno 10’… Godiamoci i campioni come Lautaro. Ci sentiamo, gli voglio bene. Soprattutto all’inizio ci parlavamo, lui ha questo grande valore di saper ascoltare. Veniva da Bahia Blanca e si capiva che era un giocatore diverso e aveva questo in più, che a quell’età non hanno tutti. Veniva a chiederti, ti ascoltava. A fine allenamento si sedeva e guardava. Sono cose che a quell’età non sono per forza normali”.

Sulla sua Inter e quella attuale: “Non mi piacciono i paragoni, sono epoche diverse. Questa Inter mi piace molto, non a caso è arrivata in finale di Champions facendo una grandissima partita e meritando anche di vincerla. Quella partita ha dato la consapevolezza per l’Inter che stiamo vedendo oggi. I ragazzi si sono resi conto di poter fare grandi cose. Sapevamo che era una partita difficilissima perché il City era la favorita. L’Inter ha fatto una partita straordinaria e quindi anche perdendo ti dà la consapevolezza di essere all’altezza”.

Su Maradona: “Io mi chiamo Diego Alberto Milito, DAM come Diego Armando Maradona. Credo mio padre ci abbia pensato. Io l’ho avuto come allenatore al Mondiale e Messi come compagno di squadra. Tutti da piccolo volevamo essere come Maradona, siamo cresciuti guardandolo. Ci ha dato tante soddisfazioni, per noi rimane un idolo”.

Sul Genoa: “Quella della busta lanciata è una scena incredibile… Sono dettagli che possono cambiarti la vita. Quelle settimane sono state durissime perché io avevo quasi un accordo con una squadra inglese, il presidente del Real Saragoza aveva chiuso ma io non ero contento. Non so perché. Era il Tottenham, che mi voleva e mi piaceva anche per Ardiles, per Julio Ricardo Villa. Un giorno prima mi chiama Preziosi e mia moglie disse che mi si era trasformata la faccia. Sentivo di dover tornare al Genoa. Ho sempre scelto col cuore e quindi mi sono detto che dovevo tornare. Mancava un giorno a fine mercato. Ho chiamato il presidente del Saragoza e ho detto che volevo andare al Genoa, perché conoscevo la città e il club. Per fortuna si sono messi d’accordo e c’è poi quella scena all’ultimo secondo della busta. Io dico sempre che quando prendi le decisioni col cuore di solito le cose vanno bene. Sono grato al Genoa perché mi ha dato la possibilità di conoscere il calcio italiano. Sono felicissimo di essere passato da lì e il legame continua. A Genova si sta molto bene, di fronte al mare”.