Inter Udinese conferma, i nerazzurri ora hanno un’arma letale
L’immagine più bella di Inter Udinese arriva dopo il fischio finale di Di Bello quando la squadra va a festeggiare sotto la curva Nord. La corsa di Pavard in total white per partecipare alla festa, i suoi minuti di gioia incontenibile, lo scherzo di Thuram che fa rotolare il francese per le terre parlano di un clima nella squadra che si fa fatica a ritrovare, anche scavando nella memoria.
La vera arma letale dei nerazzurri è questa, la forza di un gruppo nata sulle ceneri degli ultimi mesi della stagione scorsa, di una finale di Champions persa sul campo ma che ha partorito l’acquisto più importante, quello che non si trova sul mercato né pagando centinaia di milioni né, tantomeno, a parametro zero: la personalità, la consapevolezza di ciascuno dei ragazzi di poter essere dominante nel proprio perimetro di campo. Metti insieme questi ingredienti ed ecco cucinata la leadership, più di gruppo che individuale quindi ancor più preziosa.
Base preziosa per superare i momenti difficili che fisiologicamente arrivano nel corso del campionato o della singola partita ma anche per permettere all’ultimo arrivato (Bisseck) di inserirsi negli schemi senza troppi patemi e giocare come se fosse titolare da anni.
L’altro flash da tenere tra i ricordi preziosi di ieri è la caparbietà con cui Lautaro va a riprendersi il pallone perso sulla tre quarti per fiondarsi verso il gol. Il capitano poteva tranquillamente fregarsene, sul 3 a 0 all’84mo si pensa al the caldo e alla partita con la Real Sociedad. Lui no, il palo del primo tempo gli era restato sul gozzo evidentemente. E poi mancava alla festa da troppo tempo davanti ai suoi tifosi, un gesto da mettere nelle enciclopedie alla voce mentalità vincente.
Inutile parlare dei singoli in una partita in cui è impossibile individuare qualcuno sotto il 7 in pagella e con Sommer spettatore non pagante per l’ennesima volta.
Un solo accenno ad uno dei vecchietti della compagnia, Mkhitaryan ha deliziato una volta di più occhi e corde vocali dei 71 mila presenti. Il suo assist per il gol di Thuram parla a meraviglia di una merce sempre più rara sui campi da calcio: il talento. O lo hai perché gli dei del calcio te lo hanno regalato quando sei venuto al mondo oppure ti attacchi perché nessuno lo vende. Armeno tu nell’universo avrebbe cantato Mia Martini.
Uno che ha molto da imparare da lui è Samardzic. Aveva detto che avrebbe dato il 200%, ha giocato una palla buona in tutta la partita per offrire a Pereyra l’unica occasione dell’Udinese. Quando Cioffi lo ha richiamato in panca nessuno se n’è accorto. Alla fine c’è la sensazione che chi avesse capito tutto fosse suo padre che mandò all’aria il trasferimento l’estate scorsa. Probabilmente aveva già realizzato che il suo giovanotto non si sarebbe giocato il posto in campo con Barella e che avrebbe fatto la riserva di Asllani e Frattesi.
Ultima annotazione di carattere scaramantico. Fino al 33mo del primo tempo la curva aveva sostenuto i nerazzurri come al suo solito, occasioni a ripetizione ma il gol non arrivava. C’è voluto “il canto degli interisti”. Quando si sono accesi i cellulari per tutti quei chilometri che ho fatto per te è passato un minuto o poco più prima che arrivasse la trattenuta di Perez su Lautaro.
Solo il sig.Di Bello non aveva capito la potenza di quelle note, ha avuto bisogno del VAR. Adesso anche lui sa.
Ora avanti tutta con la Real Sociedad, mettere sotto gli spagnoli sarà importante per garantirsi una primavera più abbordabile.
Lo scorso anno il sorteggio favorevole fu opera solo del destino. All’Inter spettavano gli arretrati della stagione precedente quando uscì la pallina dell’Ajax poi sostituita con quella del Liverpool e tutti sappiamo come finì.
Quest’anno il futuro inizia martedì prossimo e passa anche dai piedi dei ragazzi.