Inter, Supercoppa, bellezza e debiti possono coesistere
Inter da favola, ingiocabile, top in Europa, il caffè di stamani è questo.
A Monza i ragazzi di Inzaghi avevano giocato una partita superba dopo tre match in cui erano evidenti un po’ di stanchezza e un calo di lucidità. Ma era il Monza, una buona squadra ma niente di che abbiamo pensato tutti, quasi intimoriti da una realtà troppo bella per essere vera, memori di quante volte in passato ci siamo esaltati un attimo per poi risvegliarsi con lo schiaffo della prima delusione.
A Ryiad a sarà un’altra storia, il realismo nerazzurro diceva questo prima del match con la Lazio che ci ha sempre rotto le scatole, viene da un ottimo momento, ha qualità ed è tornata solida come lo scorso anno.
Ieri sera la squadra ha superato la dimensione di Monza e messo all’angolo ogni pragmatismo.
Mai vista così
Mai vista un’ Inter così. E si che ne abbiamo passate di serate belle fin dai tempi di Herrera, di Bersellini, di Trapattoni, di Simoni, di Mourinho, ma mai così devastante.
La cosa più impressionante è stata della gestione perfetta dei tempi e degli spazi per saltare la prima pressione laziale e lanciarsi in verticale con pochi tocchi, rapidissimi e di una qualità che neanche alla play station riescono sempre.
Una sinfonia straordinaria con tre maestri d’orchestra più uno. Barella, Mkhitaryan e Dimarco hanno dimostrato al pubblico arabo che loro avranno CR7 e Neymar ma il calcio è un’altra cosa. Pavard dal canto suo ha chiarito una volta per tutte quanto gli interisti debbano ringraziare Scamacca per aver rifiutato l’Inter e costretto Marotta e Ausilio a puntare su di lui.
Meriti dell’Inter o demeriti della Lazio?
Se giocassero così il Real o il City oggi i media suonerebbero le fanfare, ma questa è l’Inter dei debiti, l’Inter senza lo stadio, l’Inter dei parametri zero, oggi tutti si stropicciano gli occhi sorpresi da una squadra la cui bellezza sembra incompatibile con i guai che la affliggono.
Passeremo il week end a pensare che quando il centrocampo gioca così non ce n’è davvero per nessuno, al narcisismo, figlio della personalità maturata dopo Istanbul, che talvolta impedisce di essere ancora più letali sotto porta (leggasi Thuram in un paio di occasioni), ai pali e traverse che hanno impedito un punteggio tennistico.
In attesa della finale con il Napoli continueremo a domandarci dove arrivano i meriti dell’Inter e dove iniziano i demeriti della Lazio.
E’ giusto così e sappiamo che non potrà essere sempre così. Ma per ora è bellissimo così.
Se è solo un sogno non svegliateci, se non è un sogno non illudeteci ancora una volta.