Editoriale

Inter, a Roma due flash che spiegano una stagione

Al di là dei tre punti, di come sono arrivati, della loro importanza, della prova di forza offerta dalla squadra (tutta), la vittoria dell’Olimpico offre due flash che da soli raccontano la stagione dell’Inter e anche qualcosa in più.

Il capolavoro di Sommer

Il primo è il capolavoro di Sommer in uscita su Lukaku lanciato a rete. Quante volte abbiamo visto quel frangente a parti invertite con il belga in maglia nerazzurra entrare in porta con la palla? Sembrava un remake offerto dal destino all’ex più odiato, vai Romelu, vendicati di quei fischi che ti annebbiarono la mente e le gambe tre mesi fa. Vai Romelu, fagli vedere, fagli capire che Thuram è solo una brutta copia, ancora tutta da scoprire, del campione che sei.
Non è andata così, non poteva andare così. Quella era la realtà di anni fa, una realtà che non c’è più perché non c’è più quella Inter, non c’è più quella mentalità nel gruppo squadra, nello staff tecnico, nella società. C’è una dimensione nuova rispetto ad allora, la consapevolezza di poter indirizzare gli eventi senza subirli più di tanto, almeno quando davanti gli avversari non hanno qualità da extraterrestri. Una forma mentis che, indiscutibilmente, nasce dalla capacità della dirigenza di trasformare le difficoltà economiche in opportunità, in fattore di crescita sportiva. Un miracolo di sostenibilità da studiare nei libri universitari.

Up grade straordinario

Il gesto di Sommer che fa scomparire il pallone dai piedi di Lukaku è il fotogramma più luminoso della storia dell’Inter degli ultimi mesi. Onana, uno dei protagonisti più amati, che se ne va per portare in dote un pacco di milioni indispensabili per continuare a fare mercato. Quell’Onana che, con le magie figlie della sua follia e della sua fisicità prorompente, sembrava mandato dal cielo dopo le incertezze di Handanovic. Sommer chi e perchè? era la domanda che circolava nel mondo nerazzurro. Oggi, a distanza di mesi non è una esagerazione pensare che il portiere svizzero rappresenta l’up grade tecnico più importante in casa nerazzurra dai tempi dello scambio tra Ibrahimovic e Eto’o.

Il dito di Acerbi

Il secondo flash non lo abbiamo visto in Tv, lo abbiamo appreso dai social. Acerbi immortalato con il dito medio rivolto alla curva sud giallorossa che salutava la sua uscita dal campo al grido di “devi morire”.
Il gesto non è bello, non c’è alcun dubbio. E’ un gesto che, nella sua semplicità, ha il potere di infiammare gli animi di chi lo subisce, tanto più se rivolto a migliaia di persone. Gli interisti ricordano bene il medio di Calabria ai nerazzurri presenti sugli spalti, pochi solo perché era derby in epoca di lockdown.
Non è bello ma va contestualizzato. Quello di Acerbi ci sta tutto dopo quello che ha passato in vita sua. Un tumore scoperto a 25 anni, l’operazione, la chemioterapia, l’illusione di avercela fatta, la ricaduta, ancora sotto i ferri, ancora chemio.

Offesa la storia di un uomo coraggioso

Quel “devi morire”, canto becero e schifoso parla di chi lo intona. Può suscitare al massimo un sorriso e una toccata ai gioielli ad un giocatore normale ma ad Acerbi no, la sua non è una storia normale. E’ una storia di lotta e di coraggio, di disperazione e rinascita, di forza d’animo che combatte e vince sul male.
Oggi siamo tutti Acerbi, il suo dito medio è il nostro dito medio, rivolto a chi ha offeso un uomo e la sua vita prima del giocatore. E, scherzosamente e con il sorriso sulle labbra, anche a tutti quelli che da mesi, parlando dell’Inter, si augurano e scrivono non devi morire ma un più blando devi inciampare. Il che poco cambia in effetti in termini sportivi…
PS: solo per memoria, Calabria dopo quel gesto non fu squalificato. Adesso vediamo se avranno l’ardire di cambiare rotta con Acerbi.