Il volto di questo tifoso nerazzurro ripreso dalle TV dopo il gol di Arnautovic all’Atletico Madrid parla da solo, chi non vive la stessa sua passione non potrà mai capire, inutile scervellarsi.
Il boato di San Siro quando l’austriaco ha messo dentro il tap in vincente è stato impressionante, una liberazione vera dopo 79 minuti di tensione, la sensazione (brutta) di essere sempre sul filo del rasoio, occasioni andate in fumo per un niente, troppi ultimi passaggi sbagliati per frenesia e bravura dei difensori spagnoli, Sommer mai impegnato davvero.
Eppure, a 24 ore distanza e con l’adrenalina tornata ai giusti livelli non deve essere (solo) il boato a rincuorare.
C’è stato un silenzio, o meglio, una mancanza di rumore che deve far gioire altrettanto.
Arnautovic prima ha mandato alle stelle il cross di Dimarco che a tutti ha ricordato quelli di Andy Brehme, poi ha tirato sopra la traversa a tre metri da Oblak l’assistenza di Lautaro . In altri momenti San Siro sarebbe esploso se non in qualche fischio nel suo classico brontolio che negli anni ha ammazzato le speranze di tanti giovani e le passerelle di qualche sedicente campione che non aveva ben capito cosa fosse l’Inter e il Meazza.
Ieri sera niente, niente di niente, né un fischio, ne un accenno sonoro di insoddisfazione. Il popolo nerazzurro ha capito il dramma di Arnautovic così come lo hanno capito i suoi compagni, la gente ha dimostrato di aver anch’essa fatto un passo avanti nella consapevolezza della dimensione della squadra e di come debba essere sostenuta.
Il gol è sceso dal cielo come la giusta ricompensa ad un giocatore fino a quel momento in credito con la sorte, l’abbraccio che tutta la squadra gli ha tributato e l’esplosione del Meazza hanno fatto commuovere anche lui, le immagini lo testimoniano. Migliore in campo il pubblico dunque, anche più di un Barella stratosferico.
C’è il silenzio come testimonianza di affetto e c’è il silenzio come arma di difesa.
In certe occasioni l’indifferenza ferisce più di qualsiasi parola, non c’è argomento, non c’è sfottò che abbia la potenza di un sorriso silenzioso con cui rispondere agli altri.
A chi pensava all’Inter travolta prima dai debiti e poi dagli avversari, a chi pensava alla finale Istanbul come ad un sei al superenalotto, a chi pensava “e mo’ vediamo come fanno senza Dzeko e Lukaku”, a chi continuava a snobbare Inzaghi perché non ha gli attributi di Conte, a chi venti giorni fa con la Juve a più uno suonava già le campane a morto. Profeti di sventure (tanti anche tra i tifosi) che oggi si arrampicano sugli specchi per dimenticare e far dimenticare le loro sentenze nefaste. Il silenzio e l’indifferenza dovrebbero essere la risposta migliore ai loro verdetti fuori luogo e fuori tempo pur con un avvertimento: nessuno ha dimenticato niente.
Dopo i risultati dell’ultimo week end di Verona e Monza e dopo la vittoria sull’Atletico restare in silenzio è difficile ma dovrebbe essere obbligatorio per tutti, non per boria ma per sano realismo.
Perché a Madrid ci sarà una bella gatta da pelare. Simeone metterà in campo tutto il carico della sua esperienza, della sua grinta leggendaria, preparerà una squadra con il sangue agli occhi per cercare la remuntada. Sarà un’altra notte di sofferenza ma una notte che varrà la pena di vivere comunque vada fino in fondo e con orgoglio perchè esser lì a giocarsela è privilegio di pochi, altri hanno la settimana libera o frequentano teatri di periferia al confronto del Wanda Metropolitano. Le orde dei gufi saranno tutte lì, a sperare nelle “huevas” che il Cholo mostrò loro anni fa, ultima pomata disponibile sul mercato per curare le ferite dei loro fallimenti.
Indifferenza perché niente è compiuto nonostante i numeri della classifica di serie A. Maggio è lontano, la strada è in discesa ma è lunga. Non è più il tempo dell’interista simpatico bauscia, adesso è il momento di essere consapevoli della dimensione raggiunta da tutto il mondo nerazzurro, di goderne, ma anche degli obblighi che tutte le componenti hanno per rafforzarla evitando gli ostacoli che restano dietro ogni angolo.
Il silenzio come ulteriore prova di maturità, perché l’Inter ha il dovere di guardare solo a sé stessa e davanti a sé stessa, senza proclami. Le parole, le ironie sono le sole armi di chi continua a perdere lunghezze in classifica e di chi oggi dovrebbe arrossire andando a rileggere articoli e post di poche settimane fa.