La festa del popolo nerazzurro per la conquista dello scudetto e della seconda stella è stata meravigliosa. Un evento con pochi precedenti, forse nessuno se si ha riguardo al calcio.
Festa figlia di vittorie e sconfitte
Una festa figlia di un campionato dominato, resa ancor più eccitante dal Fato che ha voluto consegnare il titolo ai nerazzurri nel proprio derby. Ma non solo.
Una festa figlia anche delle sconfitte, quella atroce nel campionato di due anni fa regalato proprio ai rossoneri e quella di Istanbul, meno drammatica dal punto di vista sportivo ed emozionale ma non meno cocente soprattutto alla luce dello svolgimento della gara.
Oltre la passione
Ma anche vittorie e sconfitte non bastano a spiegare l’entusiasmo con cui la gente interista ha invaso Milano. Che siano stati 200 mila o 400 mila non conta, quello che ha colpito l’opinione pubblica sono stati gli 8 chilometri di folla e la partecipazione emotiva che hanno accompagnato i bus scoperti dei campioni d’Italia da San Siro al Duomo.
Una folla con mille idiomi diversi, con nonni scatenati ed entusiasti più dei nipotini, gente che ha lasciato per un giorno interessi e famiglie per essere lì, insieme a tutti gli altri, per condividere gioia e orgoglio della vittoria ma anche il senso profondo di una rivincita su tutto e tutti.
Manifestazioni di giubilo ne abbiamo viste negli scorsi, per uno scudetto, per un mondiale o un europeo ma nessuna aveva i crismi della passione di quella vissuta dalla città di Milano, dai milanesi, dagli interisti che l’hanno disegnata e interpretata.
La ragione vera: la diversità
Anche la passione, unita a vittorie e sconfitte, non basta a spiegare, c’è qualcosa di diverso, di più profondo.
La mia lettura, ovviamente opinabile, si fonda su un concetto antico ma mai dimenticato negli archivi delle memorie nerazzurre: la diversità.
L’Inter è diversa, gli interisti sono diversi, da sempre. Non migliori, attenzione, ma diversi si.
Diversi nell’affrontare gli scogli più ardui della storia del club e le vittorie più esaltanti.
Diversi nella considerazione che nel calcio, come nella vita, si può essere sconfitti senza perdere la faccia se gli altri si dimostrano più forti, se combatti a mani pulite e schiena dritta.
Una diversità che il mondo nerazzurro ha alimentato nel corso della sua storia ultra centenaria ma con un elemento decisivo in più.
La diversità sta nel Dna dell’Inter, nasce la sera del 9 marzo 1908, quando i padri fondatori si ribellano al conformismo dell’epoca che imponeva spazi solo per giocatori italiani.
I 44 presenti al ristorante l’Orologio danno vita all’atto di ribellione più nobile perché afferma fin dal momento della nascita la diversità del nascituro, l’Inter è aperta a tutti, aperta al diverso, allo straniero, siamo fratelli del mondo perché diversi da tutti gli altri.
Ecco perché, almeno per il sottoscritto, la festa del 28 aprile 2024 sarà ricordata a lungo come un evento straordinario. Nessun’ altra squadra, italiana o straniera, ha una genesi così particolare, nessuno può dire agli interisti la mia diversità è più nobile della vostra. E anche (e soprattutto) per questa diversità la festa della seconda stella è stata vissuta e goduta in maniera così eclatante.
Un post tra i tanti
Fra le migliaia di post sui social che da domenica riportano immagini e commenti dell’evento uno merita la riflessione finale. Una certa Sara (@giallolorca il suo profilo) ha pubblicato un post su Twitter poi rimosso.
Sul video di Piazza Duomo che intona per tutta quella gente che…illuminata da migliaia di torce telefoniche il commento era questo: “questa gente non è scesa in piazza per chiedere un cessate il fuoco o perché in Italia non abbiamo più il diritto all’aborto senza che ci rompano l’anima ma per undici scroti che corrono dietro ad un pallone.”
Lungi da me buttarla in politica, vorrei solo abbracciare questa Sara e spiegare anche a lei che magari molte di quelle persone sono scese in piazza anche per i diritti, che essere tifosi non significa essere menefreghisti, che la vita ogni tanto merita anche un sorriso, un attimo di gioia gratuita e spensierata.
E soprattutto per dirle che probabilmente, pur con tutti i suoi difetti e problemi, il mondo del calcio è ancora un po’ più pulito della politica.
L’Inter di sicuro, la sua diversità che nasce proprio per riconoscere i diritti degli altri lo conferma da 116 anni.