Inter, Dimarco cuore nerazzurro: “Questa maglia non è come le altre”
Milanese, interista e cresciuto fin da bambino con un amore viscerale per i colori nerazzurri. Basterebbero solo queste poche parole per descrivere Federico Dimarco, terzino sinistro dell’Inter e ormai diventato uno dei giocatori imprescindibili della rosa di Inzaghi. Il giocatore nerazzurro è intervenuto ai microfoni del podcast BSMT condotto da Gianluca Gazzoli, dove Dimarco ha parlato di Inter, della sua carriera ma non solo.
Pensare ora ad un Inter senza Federico Dimarco diventa davvero difficile se non quasi impossibile. Eppure Federico ha faticato e non poco per prendersi il suo posto come titolare inamovibile della sua squadra del cuore in cui è arrivato all età di otto anni, superando difficoltà sportive e personali che lo hanno però migliorato come calciatore e portato ad essere il giocatore che è ora, vale a dire uno dei migliori esterni sinistri della Serie A e in Europa. Di questo e non solo Dimarco ha parlato a BSMT.
Inter, Dimarco e tutto il suo amore per il nerazzurro: “Giocare per la tua squadra del cuore è una cosa bellissima. Non molti credevano in me e mi hanno giudicato, ma il lavoro mi ha ripagato”
“Il mio soprannome è sempre stato Dima. poi Dimash nasce da quando sono tornato qui all’Inter. Devo dire che è stato mister Inzaghi a inventarlo. Sinceramente non lo so perché, gliè venuto dl nulla e poi tutti l’hanno seguito. Whisky? Me lo dicevamo ai tempi del Verona ma è il passato…“.
“Non mi sento uno dei predestinati. Io quando scendo in campo con l’Inter cerco di essere me stesso. Sono un tipo competitivo e cerco sempre di aiutare i miei compagni. E nelle partite che contano cerco di dare qualcosa di più. Quando giochi per l’Inter ci sono sempre partite importanti e cerco sempre di aiutare tutti anche con una parola di stimolo, perché mi ricordo cosa ho passato nel settore giovanili e tutto quello che ho imparato. Sono tutte cose che cerco di portarmi con me, in campo e fuori“.
“Chiaramente è bello leggere i complimenti. Ma a me non piaccioni i paragoni, poi come ho detto quando vieni paragonato a certe leggende del passato da piacere, ma è una cosa per cui non vado matto. Il calcio è fatto di momenti e all’Inter ne ho vissuti di belli e brutti. Quando perdiamo una partita vado in down totale. Poi dopo analizzo e cerco di ripartire e di mettermi in testa un obiettivo. Dopo la Finale Champions persa, mi sono posto l’obiettivo di vincere il campionato e così abbiamo fatto. Una bella rivincita che è valsa la second stella“.
“Giocare nell’Inter da tifoso fa tantissimo piacere e io forse vivo troppo le partite... Negli anni da quando sono tornato qui, abbiamo ricomincato a giocare partite di livello. Prima giocare con big come Barcellona o Real Madrid non era cosa di tutti i giorni, ma se ci fai l’abitudine poi diventa normale e quelle parite è bello giocarle. L’ultimo Derby l’ho sentito, è una partita che ci poteva dare tanto ma anche togliere. Il mio esordio in Champions fu col Real e fu un po’ amaro perché perdemmo. L’inno della Champions è unico, ti dà qualcosa dentro che non ha paragoni“.
“Quando perdiamo e c’è la settimana di allenamento, ci metto almeno due giorni per riprendermi. E in quei giorni sono veramente incazzato. Invece se giochi dopo solo tre giorni devi azzerare subito. Per fortuna l’anno scorso ne abbiamo perse poche ed è stato tutto più facile“.
“Difficile guardare questa maglia da fuori. In campo cerco di essere me stesso e di non cambiare. Giocare per l’Inter per me è una cosa bellissima e cerco di dare il massimo. L’ho detto nel video per la festa scudetto: per me questa maglia va trattata coi guanti, lo penso davvero“.
Negli anni sono sempre stato un po’ giudicato. In tanti mi dicevano cose come: “No questo è piccolo, oppure non arriverà mai. Vedrete che ora sembra che è pronto ma fra due anni non diventerà nessuno…” Il lavoro però paga, io ho cercato sempre di stare zitto e lavorare e alla fine sono arrivato“.
“C’e stato un momento in carriera che in Italia non mi voleva nessuno. Neanche in Serie B credo. Alla fine è arrivato il Parma e anche lì ho fatto 3 o 4 partite, ho fatto gol e poi basta, distacco del tendine dell’adduttore e 4 mesi fermi. Anche lì ho fatto veramente poco. Dopo Sion volevo smettere e mi dicevo: “a me chi me lo fa fare di soffrire così“. Poi a volte però ti guardi dentro e alla fine il mio obiettivo era solo uno: far ricredere le persone che non credevano in me e alla fine ci sono riuscito facendo il mio percorso“.
“L’anno in Svizzera al Sion è stato importante per molte ragioni perché ho capito tante cose. Un anno difficile perché ho perso un figlio con la mia fidanzata, ma sono cose che ti fanno crescere“.
“Un giocatore che è stato fondamentale per me è stato Perisic. Nel 2021/2022ì ha fatto un anno incredibile. Poi se hai nello spogliatoio gente come Edin Dzeko che ha giocato in grandi squadre ti trasferisce tutta l’esperienza. Poi Skriniar, Handanovic, Barella che lo conosco da quando avevo 15 anni. Poi Bastoni e Lautaro ovviamente Le parole più belle però me le ha dette Piero Ausilio“.
“Mister Inzaghi mi ha subito fatto capire che ero importante per lui. È stata una svolta ed è stato lui a dirmi che dovevo restare. Quando poi alcune persone vengono da te e ti dicono: “non pensavamo diventassi così” è una bella rivincita. Sono queste le cose più belle e che ti danno più soddisfazioni“.